Attualità e politica

“Non siamo dei burattini, siamo allo stremo”, la rabbia dei gestori degli impianti da sci

“È ridicolo, solo in Italia accadono queste cose, è una decisione irrispettosa”, questo il grido di protesta dei gestori degli impianti sciistici che hanno ricevuto la notizia della proroga della chiusura poche ore prima della riapertura.

“Ci avevano detto aprite il 5 dicembre, poi a Natale, poi il 7 gennaio, poi il 25, quindi la data del 15 febbraio, e adesso, la sera prima, il 5 marzo. È serio?”, afferma uno di loro a Repubblica, che ha raccolto le voci di protesta del settore.

Dietro lo scii c’è tutta una filiera, dagli hotel ai ristoranti, dai negozi ai maestri di scii: “Aprire il 5 marzo è una presa in giro, non aprirà nessuno. Siamo il settore più penalizzato: da 12 mesi senza un euro di incasso ma con spese e stipendi da pagare”, afferma Valeria Ghezzi dell’Anef.

La proroga a poche ore dalla data stabilita per la riapertura suona come una beffa, considerando tutti i soldi ormai già spesi per battere le piste, adeguare gli impianti alle norme anti-Covid e preparare la segnaletica. “All’ennesima falsa partenza non puoi che dire “mi arrendo”. Un comprensorio non è una lampadina che si spegne e si accende: solo l’ultima notte di innevamento prima della riapertura costa 40 mila euro”, recrimina Nicola Bosticco, l’ad di Colomion Spa.

“Ci sentiamo presi in giro. Noi imprenditori del turismo non siamo burattini, siamo allo stremo e tanti rischiano il fallimento”, questa è la sensazione unanime tra tutti i maestri di scii e i protagonisti della filiera che, solo nell’ultima settimana, hanno buttato al vento milioni di euro.

Redazione

 

 

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