Economia

Imprese, solo il 24% dei ceo e il 32% dei manager è donna

Le transizioni digitali ed ecologiche delineate nel Pnrr sono la sfida dei prossimi anni del mercato del lavoro italiano. Una sfida che potrebbe vedere come grandi escluse le donne a causa di una formazione non adeguata a quelle che saranno le richieste delle imprese e delle istituzioni in termini di competenze specifiche, soprattutto in materie Stem. (Il Sole 24Ore)

Le disuguaglianze di genere rischiano di essere “la palla al piede” della crescita economica italiana, nonostante i leggeri segnali positivi che sono arrivati ad esempio dall’occupazione femminile che ha toccato il 52,2%, un record storico, ma allo stesso tempo un livello ancora ben lontano dalla media europea che supera il 60%.

Un paio di dati su tutti danno la misura della strada ancora da percorrere verso una maggiore uguaglianza nel nostro Paese: su 17mila imprese italiane, solo il 28% dei manager sono donne e solo il 19% occupa una qualifica dirigenziale, con un incremento annuo del +0,3% negli ultimi 10 anni; mentre a livello di ceo la quota è ferma al 24%. I settori con il maggior numero di donne al vertice sono Oil & Gas (39%), Healthcare (38%) e Servizi Finanziari (38%), le percentuali più basse nei comparti elettricità, gas e acqua, Trasporti e Real estate.

Una panoramica tra i dati dell’Unione Europea nel suo complesso e l’Italia fa emergere alcune differenze di rilievo, come dicevamo, già a partire ai tassi di occupazione: l’Italia è passata da un tassodi occupazione femminile del 46,2% nel 2009 ad un tasso del 52,2% nel 2023, con un aumento di 6,1 punti percentuali, mentre l’Unione Europea, invece, nello stesso periodo ha aumentato la sua quota di occupazione femminile di ben 9 punti percentuali, dal 56,7% del 2009 al 65,7% del 2023.

La zavorra sulle spalle delle donne resta quella del peso dei lavori di cura . Il rapporto tra tempo dedicato dalle donne di età compresa tra 25 e 44 anni al lavoro familiare e tempo dedicato allo stesso da entrambi i partner è costantemente diminuito dal 2014 al 2021, passando da 67 a 62,6. Ma resta pur sempre il fatto che il carico resta maggiormente sulle donne nelle coppie, soprattutto in presenza di figli.

La crescita della componente femminile è auspicabile anche fra gli imprenditori e gli startupper, anche se al momento i dati restano ancora desolanti non solo in Italia, ma a livello internazionale. La media globale delle donne startupper sfiora il 5% e negli Usa arriva al 5,8%, in Europa ci si attesta addirittura sotto la soglia con un 3,8% di tutte le exit per le società fondate dopo il 2000. Il vero nodo è ancora una volta da ricercare nella formazione: i dati sulla parità di genere nell’ambito delle competenze prettamente tecnologiche, che rientrano tra le prime 10 competenze delle quali si prevede una forte crescita, sono il punto debole con l’alfabetizzazione digitale si attesta a un livello di parità del 43,7% e le conoscenze su intelligenza artificiale e big data raggiungono il 33,7% di parità. Nonostante sia in aumento il numero di donne che sceglie facoltà scientifiche, poi, l’occupazione femminile in questi ambiti si attesta attorno 30%. Nelle professioni non Stem invece, la percentuale di donne occupate è quasi la metà con un 49,3%.

Redazione

 

 

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