Attualità e politica

Il flop dei tamponi dai medici e delle Usca

Poco più di un paziente su tre riesce a fare un tampone rapido dal proprio medico di famiglia. Se solo il 38% dei medici di base si erano resi disponibili, in realtà molti di questi non sono ancora operativi. Sono in attesa di indicazioni dalla Asl su dove poter effettivamente effettuare il tampone, per evitare di infettare le altre persone presenti nello studio.

Altro flop quello delle Usca, le unità speciali di continuità assistenziale sul territorio che dovrebbero supportare i positivi in isolamento domiciliare. La Corte dei Conti ha riferito che al 31 ottobre ne erano state avviate meno della metà, mentre da legge doveva essercene una ogni 50mila abitanti e quindi 1204.

Alcune regioni, come Piemonte, Lazio, Toscana, Campania sono riuscite ad accelerare negli ultimi mesi e avere il numero previsto di Usca, molte altre sono sotto soglia, come la Lombardia che ne ha istituite 157 anziché 202.

Il problema però è cosa effettivamente fanno queste unità. Dovrebbero aiutare i positivi che non hanno bisogno di ricovero ma che comunque non possono essere lasciati soli, ma nella realtà si trovano a fare tamponi di continuo. Dovevano essere composte da medici di famiglia, guardie mediche, infermieri e assistenti sociali. Di questi ultimi ne sono stati assunti 150 sui 604 previsti e questo è un grave problema perché gli assistenti sono quelli che devono effettivamente preoccuparsi di assistenza e, quindi, per esempio di portare la spesa o i farmaci a chi non si può muovere da casa. In loro assenza, se ne occupano i medici che tolgono così tempo alle cure.

Redazione

 

 

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