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I monoclonali di Eli Lilly riducono mortalità e ricoveri del 70%

Gli anticorpi monoclonali di Eli Lilly riducono la mortalità e l’ospedalizzazione del 70%: è quanto emerso dallo studio pubblicato pochi giorni fa dall’azienda statunitense che ha concluso la fase tre delle sperimentazioni. Mentre il vaccino serve per far sviluppare gli anticorpi e prevenire quindi l’infezione, i monoclonali (che nel caso di Eli Lilly si chiamo bamlanivimab e etesevimab) servono a curare una volta che si è contratto il virus, vanno somministrati in endovena entro dieci giorni dalla comparsa dei sintomi altrimenti perdono di efficacia.

Si tratta della cura che in pochi giorni ha rimesso in ordine il tycoon americano. Proprio negli Usa, gli anticorpi sono già usati in emergenza, ma le quantità sono limitate, a causa dei processi di produzione più lunghi, e i costi sono elevati.

In Europa, nei giorni scorsi la Germania ha acquistato 200mila dosi (per 400 milioni di euro) in via sperimentale. L’Aifa ha dato il via libera alle sperimentazioni mentre l’Ema vuole attendere i risultati della fase tre. E lo studio pubblicato da Eli Lilly potrebbe fornire informazioni importanti.

Come racconta Repubblica, l’azienda ha spiegato che in 1.035 pazienti ci sono stati 11 eventi, intesi come ricoveri o decessi, pari al 2,1%, nei pazienti che assumevano la terapia e 36 eventi (7,0%) nei pazienti che assumevano placebo. Ci sono stati 10 decessi in totale, tutti verificatisi in pazienti che assumevano placebo. Per chi assumeva bamlanivimab ed etesevimab insieme c’è stata una riduzione del rischio del 70%.

Un altro studio pubblicato dall’azienda ha mostrato che i monoclonali possono essere usati anche per prevenire il Covid. È stato fatto un test sul personale e sui pazienti di alcune Rsa ed è stato dimostrato come i contagi si siano ridotti dell’80%.

Per quanto riguarda le varianti, che sono al momento tra le principali fonti di preoccupazione, il vaccino resta sicuro in quanto agisce sull’intera proteina spike, al contrario degli anticorpi monoclonali che si legano alla spike in un punto ben preciso e se la mutazione avviene proprio in quel punto, perdono di efficacia.

In Italia intanto il gruppo di Rino Rappuoli con la Fondazione Toscana Life Sciences di Siena sta lavorando ad un suo anticorpo monoclonale.

Redazione

 

 

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