Economia

Ex Ilva all’ultima spiaggia: ecco le ipotesi per salvare il gruppo

«Garantiremo ai sindacati che l’ex Ilva non chiude». A poche ore dall’incontro fissato per questa mattina alle 11 a Palazzo Chigi, il mantra dei ministri al lavoro sulla salvaguardia del gigante della siderurgia sembra essere l’unica certezza. Perché su come garantire il salvataggio non sarebbe stata individuata ancora la soluzione alternativa a un pieno accordo con il socio privato Arcelor Mittal sulla ricapitalizzazione, ipotesi che sembra sfumata dopo il vertice governativo di lunedì. (Il Sole24Ore)

Il governo Meloni ha studiato tre opzioni. C’è la nazionalizzazione, con la conversione unilaterale del vecchio finanziamento soci di Invitalia in quote di capitale e la salita, anche solo temporanea, nella maggioranza di Acciaierie d’Italia. C’è la ricerca di un nuovo partner straniero con cui sostituire Arcelor Mittal, in grado di garantire la difficile scommessa della conservazione del ciclo integrale e della decarbonizzazione e capace di mettersi contro il secondo gruppo siderurgico al mondo.

In dataroom è entrata tempo fa Metinvest, la società ucraina controllata dal magnate Rinat Akhmetov che non vuole uscire dalla siderurgia internazionale nonostante l’invasione russa abbia distrutto il suo caposaldo industriale, per la quale Taranto è sempre stata la prima scelta, nonostante poi la decisione di entrare a Piombino. Oggi la strategia di Metinvest è quella di trovare all’estero l’output produttivo che hanno perso in patria per la guerra. E più di un rumor aveva indicato in Tata, la maggiore conglomerata indiana, un interesse per Taranto, Novi Ligure e Cornigliano.

Infine, c’è la possibilità che venga constatato che non esistono più i presupposti per la continuità aziendale e, quindi, c’è la messa in liquidazione della società e il suo commissariamento, con un taglio netto e doloroso del passato preliminare a ogni, complicata, ricostruzione dell’impresa con nuovi azionisti italiani, su un modello di dimensione inferiore.

L’esecutivo ha preso atto del rischio sempre più concreto di disimpegno da parte di Arcelor Mittal. Dopo mesi di predominio della posizione del ministro Raffaele Fitto, tetragono nel suo no a ogni ipotesi di nazionalizzazione e assertivo nel suo accreditamento di Arcelor Mittal come “soluzione” e non come “problema” tanto da avere firmato a metà settembre un irrituale memorandum con i vertici della multinazionale franco-indiana, il governo sta pensando per Acciaierie d’Italia a vie di uscita alternative.

Redazione

 

 

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