Attualità e politica

Tremonti: “Il Recovery Plan? Molta propaganda. Una palingenesi pianificatoria per una crescita del +1,4%”

“Il bello è semplice”, lo ripete Giulio Tremonti, presidente di Aspen Institute Italia. “I piani presentati in Europa li ho letti più o meno tutti. La quasi totalità ha due caratteristiche essenziali. Sono concentrati – solo o quasi – sui trasferimenti a fondo perduto e non sul debito. Inoltre, sono focalizzati soprattutto sul verde e sul digitale. Fanno eccezione i piani di Italia e Grecia. In questi si prevede un pieno utilizzo della parte a debito con una ipertrofica estensione degli obiettivi. Si parla anche di geografia e demografia; si va dalle infrastrutture per la mobilità, alle politiche di coesione e inclusione nel mercato del lavoro. Per dirla alla D’Azeglio, questo piano avrebbe l’ambizione di rifare gli italiani e l’Italia. Ma D’Azeglio alla figlia Alessandrina scriveva di non spendere soldi che non si hanno”, afferma in un’intervista a La Verità.

Il professore spiega come il Recovery Plan ricordi il piano di Stalin, che però aveva dato meno spazio alla retorica, al contrario del Piano italiano dove c’è molta propaganda: “Nella sostanza è un piano quinquennale. Copyright Stalin. Che però non si sognava di scrivere che i risultati economici di-pendono dall’azione del Soviet. I risultati ottenuti erano il frutto degli eroici sforzi della classe operaia. Se qualcosa andava storto, la colpa era del maltempo. C’era meno retorica. Qui all’opposto c’è tanta propaganda. Il governo al centro di tutto. Svuotando il Parlamento delle sue prerogative per attribuirle a organi tecnocratici al centro”.

Ciò che stupisce Tremonti è che il piano mastodontico, fatto di 48 riforme da fare entro il 2024 di cui 9 entro giugno 2021, porti ad una crescita piuttosto esigua del Pil, + 1,4%: “Il tasso di crescita finale del Pil potenziale è previsto in misura pari all’1,4%. Se dopo tutta questa palingenesi pianificatoria te ne esci con un modesto +1,4%, vuol dire che il primo a non credere nel piano è il governo stesso. Delle due l’una: se la previsione è realistica, allora è il piano è surrealistico”.

Anche per Tremonti un grande ostacolo da superare è quello della burocrazia: “Il vero rischio è l’habitat giuridico. Infestato da burocrazia paralizzante in parte prodotta dall’eccesso di legislazione. E qui la responsabilità è della politica. Lo dico sempre ai miei collaboratori. Estrai a sorte un ministro e un articolo dell’ultimo decreto legge pubblicato in Gazzetta. Fattelo spiegare dal malcapitato esponente del governo. Non ci riuscirà. Perché mai quella norma dovrebbe comprenderla una partita Iva?”.

Il professore, già ministro dell’Economia, non condivide quanto sostenuto dal ministro Cartabia: “Un piano di questa rilevanza dovrebbe avere prima il consenso del Paese e solo dopo quello dell’Europa. Non viceversa come si fa ora. Per non parlare dell’enfasi sul cronoprogramma. Il Guardasigilli della Repubblica non può dichiarare che “senza riforma della giustizia non avremo i soldi del Recovery fund”. Primo: i soldi del Recovery non sono soldi europei, ma debito nostro. E poi queste sono inaccettabili dichiarazioni di sottomissione che inducono a odiare l’Europa. Non è questione di sovranismo. Ma di sovranità. L’Europa è una comunità di stati sovrani”.

Redazione

 

 

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