Economia

Inflazione, davvero è stata sconfitta? Cosa succederà ora ai salari, ai tassi e al Pil

L’andamento dell’inflazione è l’obiettivo delle banche centrali. L’inflazione è in rallentamento in Italia e in Europa. Secondo le stime dell’Istat, a novembre i prezzi sono saliti dello 0,8% rispetto allo stesso mese del 2022 e sono addirittura diminuiti dello 0,4% rispetto al mese precedente, cioè a ottobre 2023. Riduzione dovuta in gran parte al tracollo delle quotazioni dell’energia, sia nei mercati non regolamentati ( -22,5%) sia in quelli regolamentati (-36%). (Corriere)

Restano ancora in forte accelerazione soltanto i prezzi dei beni alimentari non lavorati, ossia carne, pesce, frutta e verdura (+5,8%). La situazione è simile nell’area euro, dove a novembre l’inflazione ha raggiunto quota 2,4%; a ottobre era al 2,9%, a settembre al 4,3%. L’andamento dei prezzi sembra così avvicinarsi l’obiettivo del 2% nel medio termine fissato dalla Banca centrale europea. Tanto che il mercato e gli stessi banchieri centrali iniziano a porsi la domanda: quando sarà il momento di tagliare i tassi d’interesse? L’effetto del rallentamento dei prezzi sui salari, la frenata dell’inflazione è una buona notizia per i consumatori. L’aumento dei prezzi – è intuitivo – riduce il potere d’acquisto: al supermercato i 1000 euro del 2023 non valgono quanto i 1000 euro del 2021, non bastano cioè a comprare la stessa quantità di prodotti. Salvo gravi crisi, tuttavia, è difficile che i prezzi possano tornare indietro di due anni: un minimo di deflazione è possibile, ma difficilmente porterà a un totale recupero del potere d’acquisto.

A tal fine, è necessario che i salari aumentino, recuperando il potere d’acquisto perso durante la crisi energetica. Secondo i dati Ocse, l’Italia è tra le grandi economie, il Paese in cui i salari reali sono diminuiti di più nell’ultimo anno (-7,3%) ed è anche il solo in cui sono più bassi che nel 1990 (-2,9% rispetto a 30 anni fa). Qualche segnale di ripresa è riscontrabile, per esempio, nell’accordo per il rinnovo del contratto collettivo dei bancari (aumento di 435 euro al mese), ma molte altre categorie restano ancora in attesa di un adeguamento degli stipendi all’inflazione registrata negli ultimi due anni. Gli analisti si aspettano un taglio già nel 2024. Ma la Bce predica prudenza.

La presidente della Bce, Christine Lagarde, ha più volte ribadito che i tassi d’interesse rimarranno elevati per tutto il tempo necessario a riportare sotto controllo l’inflazione. Una prudenza necessaria, considerato che l’andamento dei prezzi non dipende soltanto da variabili economiche, ma anche dalla percezione dei consumatori e del mercato. Quest’ultimo ha, per la verità, preso ad anticipare un taglio dei tassi: secondo gli analisti di Goldman Sachs, alla luce dei più recenti dati sull’inflazione nell’eurozona, la Bce potrebbe invertire la politica monetaria già nel secondo trimestre del 2024. Di simile avviso è anche parso il ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, secondo cui però il taglio dei tassi avverrà nella seconda metà dell’anno prossimo. La durata della fase restrittiva «dipenderà dall’evoluzione delle variabili macroeconomiche», ha sottolineato il neo-governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, «potrebbe essere più breve qualora la persistente debolezza dell’attività produttiva accelerasse il calo dell’inflazione». L’aumento dei tassi sta infatti avendo un impatto significativo sull’economia europea. La Germania in recessione, sale il peso del debito pubblico italiano. L’aumento dei tassi d’interesse ha infatti anche lo scopo di rallentare l’economia, quando appare in fase di surriscaldamento. Di norma, il rialzo del costo del denaro dispiega tutti i suoi effetti a distanza di 12-18 mesi, deprimendo la domanda di credito, di conseguenza i consumi e gli investimenti di famiglie e imprese. I dieci incrementi consecutivi decisi in poco più di un anno dalla Bce si stanno facendo sentire nell’eurozona: la richiesta di prestiti bancari da parte delle imprese è ai minimi dalla grande crisi finanziaria del 2008 e nel terzo trimestre l’economia dell’area euro ha registrato un calo (-0,1%), dopo il modesto aumento del secondo trimestre (+0,2%). La Germania, locomotiva d’Europa, appare in particolare in affanno e si avvia a chiudere l’anno in recessione (-0,4%). Tiene per ora l’Italia (+0,1% il pil fra giugno e settembre), che però deve fare i conti con il peso crescente del debito pubblico. A settembre si attestava a 2844 miliardi di euro e, con l’aumento dei tassi, il Paese dovrà pagare 96 miliardi di euro per onorarlo nel solo 2023. Una somma enorme che riduce i margini di manovra per il governo nel delineare le leggi di bilancio e le politiche di spesa pubblica.I rischi di un nuovo aumento dei prezzi: energia e alimentariLa politica monetaria pare insomma dirigersi verso una nuova fase più accomodante. Non mancano tuttavia rischi al rialzo. L’arrivo dell’inverno ha spinto il gas al rialzo dai minimi: dopo essere sceso al Ttf di Amsterdam lo scorso 29 novembre a 41,3 euro al MWh, tornando ai livelli del 27 gennaio del 2022, ovvero un mese prima dell’attacco russo all’Ucraina, il prezzo del metano per le consegne a gennaio è salito venerdì del 3,34% a 43,50 euro al MWh. Siamo ancora lontani da soglie di allarme e all’interno di un movimento fisiologico dettato dal clima. E, tuttavia, il conflitto in Ucraina e la guerra di Israele a Gaza restano un’incognita geopolitica potenzialmente dirompente per il mercato dell’energia. Gli effetti del cambiamento climatico possono poi alimentare l’inflazione, in particolare per quanto riguarda i beni alimentare, come ha riconosciuto la stessa Bce: «gli eventi meteorologici estremi possono danneggiare le infrastrutture, devastare i raccolti e interrompere le catene di approvvigionamento», ha ricordato di recente Lagarde.

Redazione

 

 

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