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Smart working: aziende italiane davvero pronte?

Il mondo del lavoro è cambiato con l’emergenza da Coronavirus e il numero delle aziende che ha imposto lo smart working ai suoi dipendenti è aumentata dal 15% al 77%.

Non tutti i lavoratori vivono in case adatte al lavoro agile, spesso non ci sono camere in più, c’è il tema della connessione e della poca separazione dell’ambito lavorativo da quello personale.

Le grandi aziende sembrano voler continuare ad adottare il lavoro da remoto anche nei prossimi anni, più grande è l’impresa, maggiore è la spinta allo smart working. Ma le aziende italiane sono davvero pronte a questa modalità di lavoro?

Quello che è emerso è che le imprese nostrane sono troppo ancorate a processi e iter burocratici che poco hanno a che vedere con lo smart working. Anche nel caso in cui i manager più “rivoluzionari” volessero adottare questa modalità in modo permanente, avrebbero a che fare con tutte le esigenze dei lavoratori, a partire dalla famosa camera in più dentro casa.

Alcuni possono sfruttare una seconda abitazione, altri hanno effettivamente un piccolo studio in casa, altri ancora possono optare per spazi di co-working. Ma la realtà è che non si è ancora forse del tutto pronti a superare la tradizione del lavoro in ufficio o forse non si danno gli strumenti adatti.

Redazione

 

 

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