“La situazione nella quale abbiamo vissuto fin qui è insostenibile: qui a Washington ho visto l’assalto al Congresso di teppisti armati, nazionalisti della supremazia bianca, organizzati via social media. Una democrazia non può resistere a un uso massiccio di strumenti tecnologici per diffondere bugie e disinformazione”, ad affermarlo è Larry Irving, considerato l’architetto delle prime leggi su Internet.
È stato protagonista nella stesura del Telecom Act e del Decency Act, che regola l’uso del materiale pornografico sul web e prevede nel comma 230 che Trump voleva abolire che “nessun fornitore e nessun utilizzatore di servizi Internet può essere considerato responsabile, come editore o autore, di una qualsiasi informazione fornita da terzi”.
Intervistato dal Corriere della Sera, Irving si esprime sulla decisione di due aziende private, quali Twitter e Facebook, di bloccare l’account del tycoon: “Le imprese vanno di certo coinvolte nella protezione della comunità. Ma è impensabile che gruppi anche delle dimensioni di Facebook o Twitter possano gestire questo problema da soli”.
Per Irving messaggi di odio e di istigazione alla violenza non sono tollerabili, ma al contempo bisogna preservare il dibattito pubblico su Internet. “Va rivista la Section 230 e va rivitalizzata la competizione su Internet: è inammissibile che pochi miliardari non eletti abbiano il potere di sbattere fuori chiunque da tutte le principali piattaforme”, sostiene.
Non c’è dubbio per Irving che lo stesso trattamento che i due colossi dei social hanno deciso di riservare a Trump debba essere poi messo in atto anche nei confronti di altri esponenti autoritari o dittatori: “Quando intervieni su Trump devi essere coerente intervenendo anche sulla comunicazione di dittatori che in giro per il mondo diffondono messaggi altrettanto — o ancor più — falsi e violenti. È un bilanciamento difficile ma indispensabile”.
