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Energia: Italia troppo lenta sulle rinnovabili

Nel corso del 2023, le rinnovabili sono cresciute in Italia come mai nell’ultimo decennio. Arrivando a coprire il 43,8% della domanda di energia, ben oltre le medie della Ue. Una tendenza confermata nei primi mesi dell’anno. Eppure, operatori e associazioni sono preoccupati: anche se la crescita dovesse continuare a questo ritmo, il nostro Paese non riuscirebbe comunque a raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione che l’Unione europea ha fissato per il 2030. Per altro confermati anche dal nostro governo sia alla Cop 28 a Dubai e proprio di recente al G7 dell’Energia che si è tenuto alla reggia di Venaria a Torino. (Repubblica)

Ma un conto sono le dichiarazioni e gli impegni presi solo sulla carta, un altro la realtà dei fatti. Secondo i dati di Terna, la società pubblica che gestisce la rete ad alta tensione, la capacità rinnovabile installata è salita di 6 Gigawatt (Gw) nel 2023: sebbene sia di 2,7 Gw superiore alle installazioni dell’anno precedente siamo ancora lontani dai 9 GW all’anno necessari fino al 2030.

Come ha scritto in uno dei suoi ultimi report Ember, il think tank indipendente con sede a Londra che vuole contribuire ad accelerare i tempi della transizione energetica, l’Italia sul tema delle rinnovabili «si è svegliata dal suo torpore». Aggiungendo però che a questa velocità sarà impossibile ottenere l’obiettivo del 70% di elettricità da fonti rinnovabili entro il 2030, fissato da Bruxelles: la produzione eolica e solare dovrà crescere del 17% all’anno, rispetto al 13% circa del 2023.

Di certo, non aiuteranno le ultime iniziative del governo (con il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida) e delle Regioni (dalla Sardegna alla Lombardia) che vorrebbero una moratoria per le nuove concessioni di impianti, eolici e fotovoltaici, con la scusa che non si deve più consumare suolo impegnato in attività agricole. E che occorre un censimento delle aree “idonee”. Per altro già previsto dalla norme e, al momento, in corso presso il ministero dell’Ambiente.

Ma per quale motivo l’Italia ha buone possibilità di non rispettare i suoi impegni, nonostante il record di produzione del 2023 e di inizio anno? Innanzi tutto, va tenuto conto che le nuove installazioni sono per il 90% piccoli impianti solari destinati all’autoconsumo: non per nulla, dei 5.234 Mw di fotovoltaico installati nel 2023, il 38% degli impianti ha una potenza inferiore ai 12 Kilowatt, e il 78% è sotto il Megawatt. In pratica, pannelli sui tetti delle case o dei capannoni o a terra nelle pertinenze. Per raggiungere i grandi numeri, occorrono centrali grandi almeno come 2-3 campi di calcio.

L’eolico avrebbe una grande opportunità nella sua versione off shore se le nuove installazioni venissero realizzate al largo delle coste. Secondo il Marine Offshore Renewable Energy Lab e il Politecnico di Torino «il potenziale italiano di eolico offshore galleggiante è pari a 207,3 GW (oltre 3,4 volte le rinnovabili installate nel 2022) in termini di potenza, e 540,8 Terawattora all’anno (1,7 volte la domanda elettrica) in termini di generazione».

I dati si trovano in un recente report di The European House-Ambrosetti – think tank economico italiano – in cui si stima che le opere, tra l’altro, potrebbero sviluppare investimenti per 250 miliardi. Ma al momento, i progetti presentati – con tanto di richiesta di allaccio alla rete di Terna – sono ancora in fase istruttoria; fanno parte dei 1.376 progetti di rinnovabili in lista d’attesa al gennaio scorso. E, in ogni caso, il governo non sembra crederci molto visto che nel Piano per il Clima l’obiettivo non supera i 2 Gigawatt per il 2030, quando la Germania punta a 30 Gw, il Regno Unito a 50, la Cina addirittura 60.

Redazione

 

 

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