Negli anni Novanta del secolo scorso venne coniato un termine, per la verità alquanto dispregiativo per illustrare le deludenti performance economiche di Paesi dell’area mediterranea come Portogallo, Italia, Grecia e Spagna, i cosiddetti “Pigs”. Ora si sta assistendo al fenomeno contrario. Come documentano i dati diffusi dalla Commissione europea nelle sue previsioni economiche di primavera, a trainare la crescita del Vecchio Continente non è più quella che veniva definita la locomotiva d’Europa, la Germania, ma il gruppo di Paesi ritenuti nella vulgata comune come i meno virtuosi, sia dal punto di vista della crescita che della tenuta dei conti pubblici. Tutti paesi che registrano performance al di sopra della media europea. (Sole 24 Ore)
La buona notizia è che, nonostante le gravi incertezze del contesto internazionale, si sia evitata la recessione e ora si prevede che nel 2024 la crescita del Pil si attesterà all’1,0% nell’Ue e allo 0,8% nella zona euro. Nel 2025 il Pil accelererà fino all’1,6% nell’Ue e all’1,4% nella zona euro. Segnali incoraggianti, dunque anche se siamo ancora alle prese con tassi di crescita abbastanza contenuti nella media ma che vanno valutati comunque positivamente se calati nell’attuale scenario con due guerre in corso, e dunque con margini di incertezza che pesano sull’immediato futuro.
Con una crescita dello 0,9% per l’anno in corso l’Italia presenta una performance migliore delle due principali economie europee (il Governo nel Def di aprile ha previsto l’1%). In Italia «la domanda interna sostiene la crescita», segnala nel dettaglio la Commissione europea. «Nel 2023, il Pil reale è cresciuto dello 0,9%, spinto da una vigorosa espansione della spesa in conto capitale. Ciò si è concretizzato in ingenti crediti d’imposta per la ristrutturazione energeticamente efficiente degli edifici residenziali, che hanno continuato a manifestare i loro effetti fino alla fine dell’anno. La spesa per consumi sia delle famiglie che dello Stato è aumentata dell’1,2%». Positivo il contributo alla crescita delle esportazioni nette, e gli scambi di servizi hanno continuato ad aumentare a un ritmo sostenuto. Per questi motivi l’attività economica dovrebbe espandersi allo stesso ritmo dell’anno precedente. Le previsioni della Commissione «sono in linea con le nostre», commenta il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. «Sul debito, purtroppo, gravano per cassa negli anni prossimi gli effetti negativi del Superbonus. D’altra parte i dati europei sul rapporto debito/Pil non incorporano gli effetti dei recentissimi provvedimenti che avranno effetti positivi sui conti». Del resto, buona parte della crescita stimata quest’anno dipende dalla piena attuazione del Pnrr e la partita è tutta da giocare, tenendo conto che la crescita aggiuntiva attribuita al Piano si attesta nel 2026 al 3,4%, tre decimali in più rispetto al 3,1% indicato dopo la revisione concordata in sede europea a dicembre scorso.
Superata la recessione, la Germania è in lenta ripresa. La ex locomotiva di Europa continua a scontare gli effetti della guerra in Ucraina per le relazioni energetiche con la Russia da un lato, i contrasti commerciali con la Cina dall’altro. La Commissione europea prevede che nel 2024 l’economia tedesca non crescerà oltre un modesto 0,1%, mentre nel 2025 crescerà dell’1%, il livello più basso del continente.