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Effetto pandemia: i depositi bancari sono aumentati dell’11%

Con la pandemia gli italiani hanno risparmiato: chi per la paura, chi perché non ha potuto viaggiare o chi perché non si è più potuto permettere dei lussi. Sui conti correnti vi è ormai una cifra superiore all’intero prodotto interno lordo: 1.737 miliardi in base alla stima dell’Abi, l’Associazione delle banche italiane.

Come racconta il Corriere della Sera, solo nel 2020, secondo le statistiche della Banca d’Italia, i depositi bancari sono cresciuti dell’11% e sono stati risparmiati 160 miliardi. Le imprese non finanziarie, contrariamente a quando accaduto dopo la crisi del 2008, hanno accresciuto i loro risparmi di 83 miliardi, raggiungendo a fine dicembre scorso i 384,5 miliardi.

In virtù di un maggiore risparmio, le persone hanno deciso di affidarsi a gestori e consulenti professionali, che però nella maggior parte dei casi sono aziende estere. “Il risparmio degli italiani è stato in gran parte svenduto o delegato nella gestione a entità estere. Gli operatori devono avere uno sguardo internazionale. D’accordo. Cogliere opportunità, valutare meglio i rischi. Va bene tutto. Però la stragrande maggioranza dei nostri risparmi sostiene imprese concorrenti alle nostre, finanzia il debito di altri Stati, crea lavoro e reddito altrove. Abbiamo pochi strumenti idonei a offrire ai risparmiatori, con adeguate garanzie, la possibilità di investire nella crescita del proprio Paese, della propria comunità”, spiega Franco Aletti, banchiere privato, esperto di wealth management, family office e filantropia.

Ferruccio de Bortoli su L’Economia del Corriere della Sera cerca di rispondere alla domanda “Come far affluire risparmio privato su impieghi per loro natura spesso illiquidi?”, citando le analisi di Fabrizio Pagani, capo globale delle strategie di Muzinich, che ha coordinato uno studio sul Next Generation Eu del gruppo di economisti, giuristi e manager di Minima Moralia, consegnato a Mario Draghi.

I risparmiatori dovrebbero avere le occasioni di sfruttare il denaro ma senza esporsi a rischi alti o a commissioni costose. Se l’offerta di titoli del mercato italiano è bassa, il cittadino non può trarne beneficio. A tal proposito Pagani afferma: “L’eccesso di risparmio come reazione alla pandemia nell’incertezza delle campagne vaccinali è comune a tutti i Paesi occidentali, persino agli Stati Uniti che ne hanno avuto sempre poco. I Pir (Piani individuali di risparmio) rimangono uno strumento utile, specie dopo le ultime correzioni, ma vanno spiegati meglio. Così come gli Eltif (European long term investments funds), orientati a sostenere le piccole e medie imprese quotate e no. Non sono decollati. La Commissione europea sta rivedendo il relativo regolamento per renderli più accessibili, con le opportune garanzie, ai risparmiatori”.

Nel suo studio, Pagani cita più volte gli investimenti e il partenariato tra pubblico e privato, che sono anche alla base per la buona efficacia dei programmi europei. Un esempio è quello della “rigenerazioni di quartieri delle nostre città”, come il Flaminio di Roma. I risparmiatori potrebbero essere interessati, magari con il coinvolgimento della Cassa depositi e prestiti, e con una quota a rischio ben definita e “in caso di minusvalenze, vi potrebbe essere una sorta di protezione attraverso un credito d’imposta”, si legge nello studio di Pagani.

Per Innocenzo Cipolletta, presidente di Aifi, un credito di imposta è meglio della detassazione e potrebbe aiutare a far crescere gli investimenti privati, che sono molto più bassi rispetto alla Francia o alla Germania.

Gli investimenti del piccolo risparmiatore, per far sì che questi aumentino, dovrebbero essere trasparenti e con vantaggi fiscali. I rischi saranno più contenuti con un mercato in crescita e fondi dedicati a progetti mirati.

Redazione

 

 

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