Attualità e politica

I nodi del Recovery Plan, tra strategia per l’idrogeno e politiche per il lavoro

Ieri sera è arrivata una nuova bozza del Recovery Fund, che presenta non pochi nodi da sciogliere. I 209 miliardi di fondi verranno dati dall’Europa se il nostro governo presenterà un piano adeguato di progetti e riforme che garantiscano lo sviluppo e non si rivelino vane. L’Italia, che fino ad ora non si è distinta per la capacità di spesa dei fondi europei, sarà obbligata ad utilizzarli entro il 2026.

Il governo deve pensare a progetti per la formazione, per il reinserimento di tutti i disoccupati, o ancora alla strategia energetica nazionale, ma soprattutto dovrà decidere chi sarà ad occuparsi dei fondi europei e a vigilare che questi siano effettivamente utilizzati e non sprecati.

Alla base dei nodi del piano ci sono le divergenze tra le due forze di maggioranza, il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle. Del primo fanno parte i tre ministri che ieri hanno finalizzato la bozza e quindi Roberto Gualtieri per l’Economia, Enzo Amendola per gli Affari europei e Peppe Provenzano per la Coesione territoriale. Dei pentastellati fanno parte invece Stefano Patuanelli dello Sviluppo economico; Nunzia Catalfo del Lavoro; Alfonso Bonafede della Giustizia e Fabiana Dadone della Pubblica amministrazione.

Tra i punti più controversi, come racconta il Corriere della Sera, vi sono gli investimenti nelle energie rinnovabili e nello specifico nell’idrogeno. Nell’ultima bozza sono stati stanziati otto miliardi di euro per la “produzione e distribuzione di rinnovabili e sostegno alla filiera”. Di questi, circa la metà sono per le fonti di energia rinnovabile e 2,7 miliardi per le infrastrutture di rete. Alla filiera dell’idrogeno sono stati destinati due miliardi di euro: 900 milioni sono per la riconversione energetica dell’Ilva di Taranto e i restanti 1,1 miliardi sono per i progetti sull’idrogeno. Ma proprio qui giace la diatriba tra le due forze politiche: il M5S vuole dare priorità all’idrogeno verde, ricavato da fonti rinnovabili e totalmente decarbonizzato, ma con costi circa tre volte più alti dell’idrogeno blu, che è invece ricavato dal metano e il cui 90% delle emissioni di gas viene catturato e iniettato nei giacimenti.

Ancora latitante il capitolo tre, che è di fatto il più importante: chi sarà il responsabile del Next Generation Eu. Previsti poi 12,6 miliardi per le politiche per il lavoro, dopo che il reddito di cittadinanza e i navigator, introdotti dal M5S, si sono rivelati un flop. Nella bozza si parla di assegno di ricollocazione e di un programma di “garanzia di occupabilità dei lavoratori”, un sistema unico di profilazione per disoccupati e “persone in transizione”, e di “industry academy”. Sul fronte salute, nella cui prima bozza erano stati destinati solo nove miliardi, ora è stato previsto un incremento e un finanziamento di 20 miliardi.

Redazione

 

 

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