Attualità e politica

Allarme carceri: tra promiscuità e focolai di Covid

Le condizioni nelle carceri sono da sempre un tema molto delicato, le condizioni igieniche sono precarie, la promiscuità è forte con una cella di pochi metri quadrati abitata da sei o da otto detenuti.

In un contesto come quello dell’epidemia da Coronavirus, il cui fattore di rischio sta proprio nell’altissima probabilità di contagio, va da sé che l’ambiente carcerario diventa facilmente un focolaio.

Nella prima ondata di marzo si sono registrati circa 250 positivi tra i detenuti e 500 tra il personale, mentre ora i numeri sono più alti. Fino a lunedì erano 758 i casi tra i detenuti e oltre 900 tra lo staff.

Si sta diffondendo l’idea che il regime di 41 bis, di isolamento vero e proprio del detenuto, sia la soluzione migliore per poter scongiurare la diffusione del contagio. A mettere a tacere queste voci ci ha pensato il magistrato di sorveglianza Riccardo De Vito che ha sottolineato come il detenuto possa comunque entrare a contatto con gli agenti di Polizia penitenziaria e il rischio zero venga immediatamente meno.

Il problema più grande è il sovraffollamento delle carceri. Gli istituti di pena sono abitati da 54.815 unità (secondo i dati più recenti riportati da La Stampa) rispetto ad una capacità di 50.552. A questa quota vanno sottratti i posti non disponibili che sono 3.447. L’affollamento delle carceri italiane è del 116,37%.

Una delle soluzioni sembra essere ora quella della ‘chiusura’ del carcere con il divieto di qualsiasi tipo di contatto con l’esterno, come per esempio le visite dei parenti o le attività lavorative o scolastiche.

Per sollecitare il Governo e il ministro Bonafede ad un intervento tempestivo, alcuni cittadini sono in sciopero della fame. A iniziare è stata Rita Bernardini il 10 novembre, che è stata seguita, tra gli altri, da Sandro Veronesi e da Roberto Saviano.

Redazione

 

 

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