il Ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia è intervenuto nel corso della seconda giornata dell’evento “Rinascita Italia. The young hope”, promossa dall’associazione Fino a prova contraria: «Gli altri stati federati nel mondo hanno gestito la pandemia diversamente da noi, poi se il comandante in capo era un negazionista, era ancora più difficile. Il regionalismo italiano è risultato efficiente, abbiamo un sistema, che va migliorato, ma che dà alcune materie esclusive alla competenza statale, e alcune materie che hanno bisogno di una discussione in più.
Le reti sanitarie sono gestite dalle regioni e non dallo stato. Quando servivano le mascherine, lo stato ha costruito filiere produttive per essere autosufficienti. Siamo gli unici a fornire gratuitamente alle scuole le mascherine ogni mattina. La sanità italiana negli anni ’70 non è diversa da quella di oggi. I presidenti di regione ne sanno molto di più. E’ stata attuala la nostra Costituzione con un lavoro legato allo stato di emergenza. I muscoli sono stati le forze armate, vedi il trasporto di bare. Lo facevano le regioni. Da tante regioni del sud moltissimi sono andati su per aiutare, tra infermieri e operatori sociosanitari volontari. In questo Paese il senso di solidarietà è importante, l’italia ha dato prova di sé e stato e regioni hanno collaborato. Rivendico la reale collaborazione tra stato e regioni. I dpcm erano necessari. Ci dicevano che andavamo contro la Costituzione, ma i dpcm erano necessari perché gli infermieri del sud potessero salire su ad aiutare le regioni più in difficoltà. Viene prima la salute e poi il business, rivendico questa frase. Senza salute non c’è l’attività produttività.
Allo stato attuale escluderei un secondo lockdown, ma se i numeri crescessero esponenzialmente bisognerebbe valutare. I lockdown avvengono quando i focolai diventano incontrollabili. A marzo era drammatica la situazione. La sanità del Lazio è quella che ha funzionato meglio. A marzo non c’erano focolai al sud, ma adesso dopo le vacanze alcuni presidenti di regione, come De Luca, sono preoccupati.»