Internazionale

La Bulgaria dal primo gennaio entrerà nell’euro, i numeri tornano

Il 1° gennaio 2026 non sarà soltanto una data da calendario. Per la Bulgaria segnerà la fine di una lunga transizione e l’inizio di una responsabilità piena: l’ingresso nell’eurozona come ventuneesimo Paese della moneta unica. Un passaggio preparato con meticolosità tecnica, ma attraversato da un’inquietudine politica e sociale che racconta molto più di un semplice cambio di valuta. (Corriere)

Come sappiamo, la decisione è diventata ufficiale nell’estate del 2025. Il 4 giugno scorso, Commissione europea e Banca centrale europea hanno infatti certificato che Sofia soddisfa i criteri di convergenza: inflazione sotto controllo, finanze pubbliche solide, tassi di interesse allineati, stabilità del cambio. Poche settimane dopo, l’8 luglio, il Consiglio Ecofin ha completato gli atti finali fissando irrevocabilmente il tasso di conversione: 1 euro = 1,95583 lev, lo stesso valore che da anni ancora la moneta nazionale all’euro.

Dal punto di vista europeo, la Bulgaria non «entra» ora in un sistema nuovo, perché ci vive già dentro da tempo. Dal 1997, infatti, il lev è ancorato prima al marco tedesco e poi all’euro; dal 2020 Sofia partecipa all’Erm II, il meccanismo che testa la stabilità dei cambi. L’euro, in altre parole, è stato a lungo una presenza indiretta ma dominante. Dal 2026, semplicemente, diventerà esplicito.

Il Rapporto di convergenza della Bce è netto: nell’aprile 2025 l’inflazione media bulgara era al 2,7%, appena sotto la soglia del 2,8% (il limite massimo Ue per entrare nell’euro). Il debito pubblico resta intorno al 24% del Pil, tra i più bassi dell’Unione e Sofia non è soggetta a procedure per deficit eccessivo dal 2012. Per Bruxelles, un profilo da manuale. A Francoforte, però, si è scelto di non minimizzare il tema più sensibile sul piano percettivo. La stessa presidente della Bce Christine Lagarde ha infatti avvertito che nei mesi successivi all’introduzione dell’euro potrà verificarsi un lieve aumento temporaneo dei prezzi legato agli arrotondamenti. Un effetto definito «modesto e transitorio» sul piano macroeconomico, ma che potenzialmente sarà rilevante sul fronte della fiducia dei consumatori.

Redazione

 

 

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