Attualità e politica

Affitti, il governo ritocca la cedolare secca: cosa cambia per brevi e lunghi

Nel panorama del mercato immobiliare italiano, gli affitti continuano a essere uno dei temi più sensibili e politicamente divisivi. Con l’approvazione della legge di bilancio, il governo ha scelto di intervenire soprattutto sulla tassazione degli affitti brevi, lasciando invariata la cedolare secca per le locazioni tradizionali. L’obiettivo, secondo l’esecutivo, è limitare gli effetti distorsivi generati dalle locazioni a breve termine nelle grandi città. Intanto, i dati confermano una crescita costante dei canoni e una sempre maggiore difficoltà per le famiglie, i lavoratori e gli studenti nella ricerca di una casa in affitto. Ecco cosa prevede davvero la nuova disciplina fiscale, quali sono le aliquote in vigore, e che cosa potrebbe cambiare nel prossimo futuro. (Sky TG 24)

Cedolare secca e affitti tradizionali: cosa prevede oggi la legge Il regime della cedolare secca resta invariato per gli affitti cosiddetti “lunghi”, ovvero quelli regolati da contratti di locazione abitativa classici (4+4 o 3+2). La normativa consente al proprietario di optare per una tassazione sostitutiva dell’Irpef, calcolata sul reddito da locazione con un’aliquota fissa: il 21% per i contratti a canone libero e il 10% per i contratti a canone concordato, nei Comuni ad alta tensione abitativa o con carenze di disponibilità abitative.

Questa forma di tassazione esonera inoltre dall’imposta di registro e da quella di bollo, semplificando la gestione fiscale. La cedolare secca si applica esclusivamente alle persone fisiche, non titolari di partita IVA, e rappresenta per molti locatori la forma preferita di gestione delle rendite immobiliari. Nel contesto della manovra economica 2024-2025, il governo non ha previsto alcuna modifica per questo tipo di locazioni. Di conseguenza, per chi affitta in maniera tradizionale nulla cambia: le aliquote rimangono identiche, come anche le modalità di applicazione e le agevolazioni accessorie. Il cuore della novità introdotta dalla legge di bilancio riguarda gli affitti brevi, cioè quelli di durata non superiore a 30 giorni, spesso destinati a finalità turistiche e gestiti tramite piattaforme online come Airbnb, Booking o Vrbo. In questo segmento il governo ha introdotto una nuova articolazione dell’aliquota fiscale: il 21% solo sul primo immobile affittato in modalità breve (ma solo se affittato direttamente senza intermediari) e il 26% su tutti gli altri immobili dati in locazione breve nello stesso anno fiscale.

La nuova norma mira a colpire i soggetti che gestiscono più immobili in modalità turistica, ritenuti vicini a un’attività imprenditoriale mascherata da gestione privata. La stretta si applica esclusivamente agli affitti brevi, lasciando inalterata la disciplina per le locazioni transitorie o a lungo termine. Un ulteriore elemento di novità è l’obbligo per i locatori di indicare espressamente nella dichiarazione dei redditi quale immobile è soggetto alla tassazione agevolata al 21%, e quali rientrano nell’aliquota più elevata. Secondo le stime contenute nella relazione tecnica della manovra, circa il 90% degli immobili affittati con cedolare secca per locazioni brevi continuerà a passare tramite piattaforme online, anche con l’aliquota al 26%. Il governo prevede un gettito fiscale annuo aggiuntivo di circa 102,4 milioni di euro a partire dal 2028. Le reazioni non si sono fatte attendere. Il portale Airbnb ha espresso preoccupazione: “Imporre ulteriori oneri fiscali solo online renderebbe la situazione ancora più difficile per la classe media”. Forza Italia e altri partiti di maggioranza hanno espresso riserve, ma il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha ribadito che “la crescita degli affitti brevi ha reso più difficile trovare casa, soprattutto nelle grandi città”, giustificando così l’intervento fiscale.

Redazione

 

 

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