Economia

Galoppa l’import-export della Cina a settembre: + 7,4% e +8,3%

L’arma più efficace della Cina nel negoziato con gli Stati Uniti, drammaticamente in bilico dopo le frizioni del week-end, è la sua bilancia commerciale. Le Dogane di Pechino dimostrano che le esportazioni cinesi galoppano, sono cresciute dell’8,3% a settembre in dollari Usa rispetto all’anno scorso, battendo le stime Reuters di un aumento del 7,1% e riprendendo ritmo dopo aver rallentato al minimo di sei mesi ad agosto. Le importazioni sono aumentate del 7,4% il mese scorso rispetto a un anno fa, superando nettamente le stime di Reuters per una crescita dell’1,5%, al ritmo più forte da un anno a questa parte. (Sole 24 Ore)

Tra Pechino e Washington i contrasti sono divampati negli ultimi giorni, rischiando di vanificare i colloqui commerciali bilaterali. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha minacciato un ulteriore prelievo del 100% sulle esportazioni cinesi e controlli più severi sulle esportazioni di software critici. Pechino, nel frattempo, ha ampliato le restrizioni sulle esportazioni di terre rare in vigore dal prossimo mese e allungato la lista nera di “entità inaffidabili” per includere la società di consulenza sui chip TechInsights. La Cina ha anche aperto una nuova indagine antitrust sui semiconduttori dell’americana Qualcomm. I contendenti hanno minacciato di imporre tariffe reciproche alle navi in attracco nei propri porti, a partire da domani, 14 ottobre. I prelievi cinesi partiranno da 400 yuan (56 dollari) per tonnellata, eguagliando quelli imposti da Washington.

Gli Stati Uniti rappresentano solo lo 0,1% della cantieristica navale globale, rispetto al 53,3% della Cina, secondo il Center for Strategic and International Studies. Il portavoce della dogana cinese, Lyu Daliang, ha detto in conferenza stampa che Pechino spera che gli Stati Uniti si rendano conto che stanno adottando l’approccio sbagliato aumentando le tasse portuali e hanno esortato Washington a tornare al dialogo e alla negoziazione.

Lyu ha aggiunto che le nuove tariffe introdotte da diversi paesi quest’anno hanno danneggiato le imprese e interrotto l’economia globale, affermando che la Cina rimane impegnata a sostenere il commercio multilaterale.

La riluttanza della Cina – il più grande importatore mondiale di soia – a riprendere gli acquisti delle colture americane ha ulteriormente offuscato le speranze di un accordo commerciale. Trump ha detto all’inizio di questo mese che sperava di fare pressione sul presidente cinese durante l’incontro previsto per la fine di ottobre per porre fine alla moratoria di mesi sugli acquisti di soia negli Stati Uniti.

Il ministero del Commercio cinese ha dichiarato a ruota che gli Stati Uniti dovrebbero fare marcia indietro sulle minacce tariffarie e ha sollecitato ulteriori colloqui per risolvere le questioni commerciali in sospeso. «Minacciare con tariffe elevate in ogni momento non è il modo giusto per andare d’accordo con la Cina -, ha detto il ministero del Commercio. Se gli Stati Uniti persistono nel loro corso, la Cina adotterà risolutamente le misure corrispondenti per salvaguardare i suoi legittimi diritti e interessi».

Meno Nordamerica, più Sud Globale. Dopo anni di tensioni commerciali e sanzioni reciproche con Washington, la Cina ha imboccato una fase di maggiore pragmatismo economico che spiega la resilienza dimostrata in questi mesi. Le pressioni hanno spinto Pechino a una nuova strategia.

Va in questa direzione la decisione, appena formalizzata, di entrare come Paese Osservatore nella Comunità Andina (CAN), che riunisce Bolivia, Colombia, Ecuador e Perù. L’area andina è tra le più ricche di rame, litio e prodotti agricoli, risorse fondamentali per la transizione industriale e tecnologica cinese, in particolare nei settori dei veicoli elettrici e delle energie rinnovabili. Si tratta di un tassello importante nella strategia di diversificazione commerciale di Pechino.

La Cina sta dimostrando di saper reagire con una strategia meno ideologica e più adattiva, in cui le alleanze globali diventano la leva principale per preservare competitività e influenza. Al centro di questo disegno vi è una diplomazia economica più sofisticata, costruita su alleanze strategiche, partenariati preferenziali e accordi bilaterali che spaziano dall’energia alla tecnologia, dalle infrastrutture alla sicurezza industriale.

Redazione

 

 

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