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Cingolani: “I tempi devono essere certi. Si può far danno al Paese non solo facendo male, ma anche perdendo tempo”

“Il nome Recovery Plan dà l’idea che stiamo mettendo una toppa a qualcosa che è andato storto. Preferisco Next Generation EU e vorrei che agli italiani arrivasse un altro tipo di messaggio: questo è un progetto più ambizioso della semplice ripresa post pandemia, vuole impostare il futuro del Paese per le generazioni a venire”, parla Roberto Cingolani, a capo del ministero per la Transizione ecologica. Proprio per questo fronte sono stati stanziati gli investimenti più alti nel Pnrr, ben 59 miliardi di euro.

“Circa 5 miliardi saranno dedicati ad agricoltura ed economia circolare, 15 alla tutela dei territori e delle risorse idriche, 15 all’efficienza energetica degli edifici e quasi 24 alla transizione energetica e alla mobilità sostenibile. Gli ultimi due capitoli sono il fulcro del cambiamento che vogliamo innescare con queste misure”, spiega il Ministro a Repubblica.

Particolare attenzione alle rinnovabili, come spiega Cingolani: “L’attuazione va ancora fatta, ma è prevedibile che ci saranno incentivi per le rinnovabili più sperimentali, come l’eolico offshore o il fotovoltaico per l’agricoltura. Poi ci sarà il grande capitolo della semplificazione per sbloccare le gare già avviate per nuovi impianti di fonti rinnovabili, ma a cui nessuno partecipa”.

È proprio questo il nodo da sciogliere quanto prima: le lungaggini degli iter autorizzativi: “Già oggi in Italia programmiamo di installare 6 gigawatt l’anno e, a causa del lungo iter autorizzativo, alla fine ne installiamo solo 0,8. Di questo passo per arrivare ai 70 gigawatt necessari a ridurre del 55% le emissioni ci metteremo 100 anni, altro che 2030”. È stato Cingolani a parlare di transizione burocratica ancor prima che ecologica: “Nessuno vuole trovare scorciatoie, però i tempi devono essere certi. Si può far danno al Paese non solo facendo male, ma anche perdendo tempo. Inoltre, se in Spagna si presentano centinaia di aziende nelle gare per le rinnovabili e da noi pochissime, scoraggiate dalla burocrazia, significa che loro possono scegliere i migliori, noi dobbiamo accontentarci di chi c’è”, spiega il fisico.

Un altro aspetto della Mission 2 del Pnrr è quello della mobilità elettrica: “Quando il 72% dell’elettricità sarà prodotta con zero emissioni allora avrà senso rendere di uso comune la mobilità elettrica. Che senso ha guidare un’auto a batteria se per ricaricarla si brucia petrolio o carbone? Nel frattempo si dovrà lavorare per non farsi trovare impreparati, installando migliaia di colonnine di ricarica”.

Sull’idrogeno a Repubblica spiega: “Non possiamo perdere il treno dell’idrogeno, e infatti destineremo 3,4 miliardi del Pnrr alla ricerca in questo settore. Ma oggi non siamo pronti: se degli extraterrestri sbarcassero sulla Terra con tutto ’idrogeno dell’Universo, non sapremmo cosa farcene, come stoccarlo, come trasportarlo, come utilizzarlo. E comunque per produrre idrogeno, cioè per estrarlo dall’acqua, ci vuole energia: sarebbe paradossale usare i combustibili fossili. Anche per questo è cruciale accelerare sulle rinnovabili”.

Infine, la governance: “Ci tengo a precisare che nel Pnrr non ci sono i singoli progetti, con nomi e cognomi: i fondi europei andranno a gara e ci sarà qualcuno che deciderà quali progetti finanziare”, ha concluso il numero uno del Mite.

Redazione

 

 

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