Dopo le parole, gli scambi di accuse, i dazi, i contro-dazi, le ritirate e le nuove fughe in avanti, arrivano i fatti. Le conseguenze concrete delle guerre commerciali aperte da Donald Trump sono appena atterrate nelle tavole sul commercio degli Stati Uniti – in valore – che lo US Census Bureau ha appena pubblicato. E basta un’occhiata per cogliere il grande rimescolamento dell’economia mondiale portato con sé dalle tariffe seguite al «Liberation Day». (Corriere della Sera)
L’annuncio dei dazi «reciproci» è del due aprile, dunque quello è il mese da guardare per vederne gli effetti. Il deficit commerciale americano risulta quasi dimezzato (meno 46%) rispetto a quello del mese precedente, frutto di un crollo di circa 70 miliardi delle importazioni rispetto a marzo e di un aumento di circa otto miliardi delle esportazioni. In particolare l’impatto sulla Cina è fortissimo. In gennaio, ultimo mese prima dei nuovi dazi bilaterali, gli Stati Uniti avevano importato beni dalla Repubblica popolare beni per oltre 41 miliardi di dollari, ma in aprile la fattura è appena 25 miliardi: un crollo del 39% rispetto all’ultimo periodo del regime doganale precedente e del 20%, sempre in aprile 2025, rispetto allo stesso mese di un anno fa.
L’impatto sugli scambi fra le due prime economie del mondo – da sole quasi la metà del fatturato globale – è dunque vasto. Anche per l’Europa l’effetto è visibile, per quanto in Italia arrivi un po’ attutito. L’export dell’Unione europea verso gli Stati Uniti crolla del 35% in aprile rispetto a marzo, ultimo mese prima dei dazi «reciproci», benché sia praticamente invariato rispetto all’aprile di un anno fa. Più problematici gli effetti per la Germania. Il crollo delle vendite di prodotti tedeschi negli Stati Uniti dall’innesco dei dazi «reciproci» (per quanto poi ridotti al 10%, tranne che per acciaio, alluminio e soprattutto auto tassate al 25% durante gli ultimi due mesi) è severo: meno 16% in aprile rispetto a marzo e soprattutto meno 8,6% rispetto all’aprile del 2024. È probabile che il peso maggiore dei dazi si stia scaricando proprio sul settore auto tedesco, del quale l’Italia è fornitrice diretta.
Anche per il «made in Italy» gli effetti dei dazi si iniziano a sentire. Ma il grande terremoto delle tariffe trumpiane arriva in modo un po’ diverso, rispetto ad altri Paesi. La caduta dell’export è del 10% in aprile rispetto a marzo, cioè rispetto a prima del «Liberation Day», mentre è del 4,4% rispetto ad aprile 2024.
Non è poco, per il secondo mercato estero del «made in Italy». Ma questo è l’altro dato della medaglia. L’Italia era stata investita meno di altre grandi economie esportatrici dall’ondata precedente, quella degli acquisti preventivi da parte degli importatori americani prima che calasse la cortina dei dazi. Nei primi tre mesi dell’anno, con il ritorno di Trump alla Casa Bianca, il deficit commerciale degli Stati Uniti rispetto all’Italia era aumentato del 18% proprio a causa della corsa dei rivenditori statunitensi a riempire i magazzini prima che scattassero le tariffe.