Il contesto internazionale, gravato da conflitti bellici e nuovi protezionismi, pone grandi sfide, ma la strada per superarle esiste e passa attraverso due concetti chiave: innovazione tecnologica e diversificazione dei mercati. Proprio di mercati – nuovi o promettenti – si è parlato ieri, durante la sessione conclusiva dell’evento, che in tre giorni ha registrato la partecipazione di 27mila utenti collegati. (Sole 24 Ore)
«In momento complesso come quello che stiamo vivendo, occasioni come questo summit rafforzano le relazioni – ha detto Andrea Duilio, ad di Sky Italia, introducendo i lavori –. Sono certo che da questo confronto possano nascere idee e collaborazioni capaci di dare nuovo slancio al made in Italy». Made in Italy che, ha ricordato Federico Silvestri, ad del Gruppo 24 ORE, «non è solo moda, design e cibo: è la nostra grande industria, la manifattura, l’innovazione, che nel mondo sono un riferimento». Non a caso, tra i settori che stanno tenendo meglio in questa difficile fase, ci sono la chimica e la farmaceutica, come ha spiegato Matteo Zoppas, presidente dell’agenzia Ice. «Le aziende italiane devono affrontare sfide complesse come i dazi Usa, la svalutazione del dollaro e la concorrenza sempre più strutturale di Paesi esteri, come la Cina – ha aggiunto – e nonostante tutto mantiene la sua posizione sui mercati internazionali e ne conquista di nuove».
Lo dimostrano i dati Istat sul commercio estero extra-Ue che, come ha ricordato Regina Corradini D’Arienzo, ad e dg di Simest, a settembre ha registrato una crescita del 9,9% su base annua, nonostante l’avvio ufficiale dei dazi americani. «Occorre avere fiducia nel sistema e lavorare insieme perché ci sono grandi possibilità di crescita per le aziende italiane in Europa e fuori – ha detto D’Arienzo –. È però necessario ampliare la base delle aziende italiane che esporta, sostenendo soprattutto le pmi, che rappresentano il 96% delle imprese italiane, con strumenti ad hoc. Simest ha esteso i propri strumenti d’azione anche alle aziende che non esportano, ma che fanno parte di filiere vocate all’estero, lavorando anche per creare una cultura d’impresa orientata all’internazionalizzazione». Tra i player istituzionali impegnati a sostenere le aziende italiane all’estero c’è anche Sace: «Su un Pil italiano di 2,3 trilioni di euro, Sace ha una massa di garanzia di 270 miliardi con 60mila aziende nostre clienti – ha ricordato il presidente Guglielmo Picchi –. I mercati più promettenti per imprese sono America Latina, Messico e Brasile, Sud East asiatico e poi l’Africa dove l’export è solo al 3,2%. Con il Piano Mattei speriamo di intercettare la sfida di crescita in Africa».
Per farlo, occorre l’impegno di tutto il sistema-Paese, di cui fanno parte soggetti istituzionali come Ice, Sace e Simest, il governo e la sua rete diplomatica nel mondo, ma anche le camere di commercio all’estero, le associazioni industriali e le banche. Soggetti che, insieme, costituiscono quella «diplomazia della crescita» di cui ha parlato nel suo intervento Fabrizio Lobasso, vice dg e direttore centrale per l’Internazionalizzazione economica al Ministero degli Affari Esteri: «Presentarsi in maniera integrata è fondamentale per crescere all’estero e soprattutto sui nuovi mercati».
Dal canto loro, le aziende devono investire per innovare e per rinnovarsi, a cominciare dalla governance, che deve essere «sostenibile sul lungo termine e in grado di garantire tutti i player sulla qualità dei prodotti e dei servizi», ha detto Giovanni Bossi, ceo di Cherry Bank, sottolineando l’impegno delle banche nel favorire questa trasformazione del tessuto imprenditoriale italiano. Anche le dimensioni aziendali sono un fattore decisivo, ha osservato Christian De Felice, cfo e cso di AlmavivA, portando l’esempio della sua stessa azienda, che negli ultimi anni ha consolidato la propria presenza all’estero (in 13 Pesi con 80 sedi e 30 società) anche attraverso acquisizioni.
Anche le certificazioni rappresentano una valida leva per l’internazionalizzazione, ha detto Eraldo Minella, dg Servizi professionali e formazione Gruppo 24 ORE, parlando del progetto ItalyX promosso dal gruppo in partnership con Confindustria: «Si tratta di una certificazione alle aziende, e non ai prodotti, che garantisce una selezione rigorosa delle imprese, una maggiore visibilità e la possibilità di accedere a un network di reazioni e collaborazioni di prestigio». A quasi due anni dall’avvio del progetto, sono quasi 200 le imprese aderenti e circa 150 quelle certificate, per il 90% pmi.
Di Brexit e di riforma doganale ha parlato Giorgio Poggio, director di BRIT Customs, ricordando che al momento non ci sono dazi per le aziende italiane che vogliono vendere nel Regno Unito, dove i consumatori sono sempre più attenti e attratti dai prodotti made in Italy. Restando in Europa, ottime opportunità presentano i Paesi dell’area dei Balcani, in forte crescita e vicini culturalmente e geograficamente come hanno spiegato Aldo Di Biagio, presidente della Camera di Commercio Italo-Croata e Michele Amadei, Head of CEE Corporates di UniCredit. Altre due aree strategiche – in questa fase di necessaria diversificazione dei mercati, sono l’Asia e l’America del Sud, quest’ultima guardata con grande attenzione dalle imprese italiane in vista della sigla dell’accordo del Mercosur atteso per fine anno, come ha detto Graziano Messana, presidente della Câmara de Comércio Italiana de São Paulo. Anche l’accordo tra Ue e India ha visto un’accelerazione nell’ultimo anno, ha spiegato Alessandro Giuliani, presidente di Indo-Italian Chamber of Commerce and Industry, che ha sottolineato l’importanza di non perdere l’opportunità di investire su questo mercato in questa fase che vede una concorrenza ancora ridotta da parte di altri Paesi. Infine, il Sud-Est asiatico: dieci Paesi che entro il 2030 saranno la più grande economia al mondo, ha ricordato Giacomo Marabiso, segretario generale dell’Italian Chamber of Commerce di Singapore, hub strategico per quest’area. Tra questi, il Vietnam , il Paese che cresce in modo più robusto e che, grazie a un accordo siglato con la Ue nel 2020, entro il 2030 vedrà quasi azzerate le tariffe doganali, ha detto Michele D’Ercole, presidente della Italian Chamber of Commerce in Vietnam.




