A settembre quasi 10mila imprese italiane hanno utilizzato, o integrato, l’intelligenza artificiale nelle proprie linee di prodotto o servizio, con una crescita di circa il 30% rispetto a 12 mesi prima. Non sorprende quindi la richiesta esponenziale di professionisti alle prese con l’Ia, passati da 40mila a inizio 2024 agli attuali oltre 300mila (+650%). Uno sviluppo accompagnato da un forte aumento della partecipazione femminile nel settore, che è salita dal 30 a oltre il 40 per cento. Tuttavia non mancano gli ostacoli: la diffusione dell’intelligenza artificiale nelle aziende rivela una chiara disomogeneità tra le grandi realtà e le Pmi e servono investimenti non solo in tecnologie, ma anche nelle competenze manageriali indispensabili per guidare l’innovazione. (Sole 24 Ore)
Il VI rapporto dell’Osservatorio di 4.Manager “Intelligenza Artificiale. Cambiamento culturale e organizzativo per imprese e manager: nuove traiettorie della managerialità”, che verrà presentato oggi a Roma in occasione dell’apertura dell’anno accademico della Pontificia Università Antonianum, scatta una fotografia “sul campo” del rapporto lavoro-nuove tecnologie. Molte imprese (48,1%) integrano l’Ia per migliorare i processi, mentre il 40% sottolinea l’importanza della collaborazione interdisciplinare per sfruttarne al meglio i benefici. Le realtà più grandi adottano l’intelligenza artificiale al 24% contro il 5% di piccole e medie. Milano, Roma, Torino, Bologna e Napoli sono i principali centri di adozione nei settori It, sviluppo software e servizi di ricerca.
L’adozione dell’Ia nelle aziende italiane è però ancora agli inizi: il 35% la utilizza in maniera limitata o sperimentale, mentre solo l’1,9% la considera una priorità strategica.