Economia

Irpef: come potrebbe cambiare lo stipendio sopra i 50 mila euro nel 2025

Come sappiamo, con il Def “light”, il governo ha deciso di prendere tempo. Quando l’Ue a giugno comunicherà ai Paesi la «traiettoria» della spesa netta che si attende in base al nuovo Patto di stabilità «sapremo anche dove andare a incidere per tagliare la spesa e trovare le risorse», aveva anticipato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti nella premessa al Documento di economia e finanza. Dunque, per quanto riguarda la riforma fiscale, per confermare il taglio del cuneo nel 2025 è molto probabile che il governo Meloni metterà di nuovo mano nell’ampia voce dei crediti d’imposta. Infatti, l’autunno scorso, la Nadef ha anticipato che, all’interno di un’operazione di spending review calcolata in 10 miliardi di euro totali, avrebbe trovato spazio la raccolta di risorse sotto la voce “revisione e rimodulazione della spesa” proprio tra le tax expenditures. (Corriere)

Al di là dei crediti d’imposta sui bonus edilizi, di cui si è ampiamente parlato, l’assalto alla selva delle tax expenditures è abbastanza certo. L’Ufficio parlamentare di Bilancio vi ha dedicato uno studio, da cui emerge che gli interventi sulle detrazioni fiscali nel primo modulo della riforma dell’Irpef – quella che ha visto la riduzione di 260 euro delle detrazioni per i contribuenti con reddito superiore ai 50 mila euro – permettono un recupero di gettito piuttosto «contenuto»: il risparmio complessivo è infatti di appena 220 milioni di euro. Insomma, poca cosa se si considera che, sempre secondo l’Upb, nonostante dal 2009 si tenti di contenere le voci dei crediti d’imposta, queste sono aumentate di un terzo tra il 2018 e il 2024, passando da 466 a 625; raddoppiando la perdita di gettito complessiva, da 54 a 105 miliardi.

Detto questo, a metà marzo, il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, durante un evento organizzato alla Camera proprio sulla riforma fiscale, aveva detto che sul tema della pressione fiscale «abbiamo fatto un primo passo per venire incontro alle fasce medio basse, ma ora dobbiamo occuparci del ceto medio». Quindi, stando alle sue parole, se finora chi ha guadagna sopra i 50 mila euro è stato penalizzato, dal 2025 le cose dovrebbero cambiare (risorse permettendo). «Chi guadagna 55 mila euro non può essere considerato un super ricco e oggi questi soggetti pagano oltre il 50% di tasse», aveva detto Leo. L’ipotesi sul tavolo, dunque, è che il prossimo passaggio della riforma fiscale avviata dal governo potrebbe vedere un ampliamento dello scaglione medio (attualmente tra i 28 e i 50 mila euro) da portare, per esempio, fino ai 55 mila euro sotto l’aliquota del 35% (ora dai 50 mila euro scatta quella del 43%). Sarebbe, però, un intervento davvero esiguo (riguarderebbe solo 5.000 euro di reddito) e che, dunque, potrebbe essere accompagnato da altri interventi, come la riduzione dell’aliquota del secondo scaglione (per esempio al 34%) o di quella più alta, dal 43 al 42%.

Per sapere come potrebbero cambiare in genere gli stipendi nel 2025, avevamo fatto una serie di ipotesi con l’aiuto della Fondazione Nazionale Commercialisti. In estrema sintesi, se proviamo a immaginare un’eventuale riduzione dell’aliquota del secondo scaglione di reddito, quello ricompreso tra 28 mila e 50 mila euro di reddito, sarebbero circa 10 milioni i contribuenti interessati (il 25,4% circa dei contribuenti totali che dichiara il 54% circa del reddito imponibile). Ad esempio, una riduzione dell’aliquota di questo scaglione dal 35 al 34%, quindi di un punto percentuale, determinerebbe una riduzione dell’Irpef, a parità di ogni altra condizione, fino a un massimo di 220 euro per chi dichiara 50 mila euro di reddito e tale resterebbe per tutti coloro che dichiarano un reddito più alto. Se immaginiamo, invece, una riduzione di un punto percentuale della terza aliquota Irpef, quella attualmente pari al 43%, per chi dichiara più di 50 mila euro di reddito (circa 2,5 milioni di contribuenti, il 6,4% del totale che dichiara il 25,3% del reddito imponibile), questa riduzione determinerebbe un vantaggio nullo per chi ha un reddito pari o inferiore a 50 mila euro, spiegavano i commercialisti, e un vantaggio positivo e via via crescente per chi dichiara più di 50 mila euro fino ad arrivare a 500 euro per chi dichiara 100 mila euro di reddito. Vantaggio che, almeno in termini assoluti, sale ancora di più per chi dichiara cifre più elevate. Tutto questo, però, resta confinato nelle ipotesi. Il problema del reperimento dei fondi è attuale più che mai.

Redazione

 

 

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