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Conte-Spy. L’insana passione del premier per le spie… e adesso vuole la fondazione cyber

Giuseppe Conte vuole fare lo 007 ma stavolta rischia di farsi male. Il presidente del Consiglio che ha tenuto per sé la delega sui servizi segreti ha una passione per James Bond, e l’ultima prodezza si chiama Istituto italiano di cybersicurezza, una fondazione che dovrebbe rispondere direttamente al premier e al Dis con il compito di “promuovere e sostenere l’accrescimento delle competenze e delle capacità tecnologiche, industriali e scientifiche nazionali nel campo della sicurezza cibernetica e della protezione informatica”.

La vicenda sta facendo rumore nei palazzi di governo, il Pd infatti non ha gradito l’intraprendenza del premier che su questa materia si muove con eccessiva disinvoltura. C’è poi lo stupore degli addetti ai lavori, anche nelle altre agenzie incaricate di garantire la sicurezza interna ed esterna del nostro paese: l’intelligence non s’improvvisa, è un mondo complesso, con le sue regole e i suoi codici, e l’eccessiva autonomia pretesa dal premier non è gradita. Anche perché, aggiungiamo noi, c’è un tema che forse al premier sfugge: l’equilibrio dei poteri o, se volete, la necessità di scongiurare i “pieni poteri” in capo a un uomo soltanto. Per non parlare delle competenze: non ci si improvvisa, a ognuno il suo mestiere.

E nel campo dell’intelligence il premier ha già dato prova di qualche “lacuna”, diciamo così. Risultato: il Comitato parlamentare per la sicurezza ha fissato per domani l’audizione del premier che ha già fatto sapere che manderà, al suo posto, il capo del Dis, il prefetto Gennaro Vecchione, suo uomo di fiducia.

L’Istituto cyber è l’ultimo di una serie di inciampi sul sentiero di Conte-Spy. Anzitutto, la scelta di avocare a sé la delega ai servizi d’informazione, un atto che comporta una inevitabile, e inopportuna, concentrazione di competenze e poteri. Già in passato certe fughe in avanti su 5G e Golden power (norme non concordate con il resto della maggioranza e viziate da contaminazioni estere) hanno provocato malumori per la tendenza, attribuita al premier, di agire in solitaria su dossier assai rilevanti per la sicurezza nazionale. E’ accaduto nuovamente con l’App Immuni e poi di nuovo, in estate, con la proroga “tecnica” dei vertici dell’Aisi, disposta con una norma nel decreto agosto. Adesso ci risiamo: con uno scarno dispositivo inserito nottetempo tra le pieghe della bozza di Bilancio il premier vorrebbe dar vita a una fondazione di “esperti e tecnici” che risponderebbero direttamente a lui, con un budget non irrisorio. Ma per fare cosa?

L’assetto dell’Istituto cyber rischia di modificare sostanzialmente la lettera della legge 124/2007 che ha riformato l’intero comparto dei servizi. L’articolo 8 spiega infatti che “le funzioni attribuite dalla presente legge al Dis, all’Aise e all’Aisi non possono essere svolte da nessun altro ente, organismo o ufficio”. L’articolo 30 della stessa legge poi attribuisce al Copasir il compito di “verificare che le attività di informazione previste dalla presente legge, svolte da organismi pubblici non appartenenti al Sistema di informazione per la sicurezza, rispondano ai princìpi della presente legge”.

Vedremo come andrà a finire, quel che è certo è che, mentre il governo brucia tre commissari per la sanità calabrese in dieci giorni e la situazione nazionale ci sbatte in faccia l’assenza di una strategia che ha segnato il fallimento dell’azione sulle 4 t (tamponi, tracciamento, terapie intensive e trasporti), il premier trova il tempo per giocare a fare la Spia. Ma di James Bond ce n’è uno soltanto.

Annalisa Chirico

Redazione

 

 

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