Attualità e politica

La storia di Luca ed Edith, rapiti in Burkina Faso e convertiti per finta

Luca ed Edith sono due giovani innamorati che nel 2018, dopo diversi viaggi insieme in Africa, decidono di raggiungere il Togo in auto, non immaginandosi che sarebbero stati lontani da casa altri 450 giorni, rapiti da una banda di jihadisti.

Una mattina, quando si trovano in Burkina Faso a soli 50 chilometri dal confine, i due vengono fermati da sei uomini in turbante e con kalashnikov alla mano: inizia così la loro prigionia. Si fingono sposati per non essere separati. La prima banda a rapirli appartiene all’etnia nomade dei Fulani, ma dopo 15 giorni di viaggio vengono consegnati altri banditi, stavolta collegati al Gruppo di sostegno per l’Islam e i musulmani (Jnim).

I due giovani vengono trasferiti sotto il controllo di diversi gruppi, fino a quando un giorno vengono separati ed entrambi costretti alla conversione all’Islam, pur di sopravvivere. Lui diventa Sulayman e lei Asya. Così facendo, secondo il Corano, diventano fratelli dei loro carcerieri, seppur restando degli ostaggi. Lo racconta Edith nella sua autobiografia, come spiega il Corriere del Veneto.

Quando i due fidanzati vengono finalmente riuniti, i due architettano la fuga. A marzo 2020, dopo la preghiera, preparano gli zaini e si allontanano tra le rocce, facendo perdere le loro tracce e orientandosi con le stelle. Nella strada incontrano un camion che li prende in carico, ma che a sua volta viene fermato da un gruppo di mujaheddin. Lo stop è proprio davanti ad un palazzo governativo ed Edith e Luca tornano finalmente alla libertà, in un mondo diverso da come lo avevano lasciato: il saluto con il gomito non è una tradizione africana, ma un nuovo modo di vivere, capiranno.

Redazione

 

 

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