Attualità e politica

Messa a LaChirico: ‘Con i protocolli di sicurezza si deve tornare a scuola’

Il fronte di chi invoca il ritorno alla didattica in presenza ha un nuovo adepto: Cristina Messa, già rettore dell’Università Bicocca di Milano e ordinario di Diagnostica per immagini e radioterapia presso il Dipartimento di Medicina dello stesso ateneo.

In un’intervista a LaChirico.it ha espresso la sua preoccupazione per lo stato di ‘isolamento’ in cui i giovani si trovano ormai da mesi. “Per i ragazzi la mancanza prolungata di contatto sociale ha effetti che adesso non vediamo – afferma la Professoressa – In Lombardia all’apprendimento a distanza si aggiunge la negazione di ogni spazio di socialità e incontro, con enormi conseguenze sociopsicologiche sulla fascia giovane della popolazione, per non parlare del deficit formativo in termini di acquisizione delle competenze. I giovani che vivono in una zona rossa non possono vedere gli amici o fare vita all’aperto, su tutto il territorio nazionale sono chiuse palestre e piscine, in generale sono ristrette le modalità per praticare sport. Durante il primo lockdown – continua Cristina Messa nell’intervista integrale sul Foglio – poteva esserci un istinto di recupero, adesso è più complicato. Se si rispettano i protocolli di sicurezza, si può e si deve andare a scuola, il tema è come arrivarci: sui trasporti il sistema ha fallito. Dopo la prima ondata, non avremmo voluto vedere le immagini di bus e metro affollati. Facciamo tesoro degli errori commessi”.

AC intervista Cristina Messa – La ‘sindrome della capanna’

Agostino Miozzo, il coordinatore del Cts, ha parlato di “sindrome della capanna” e di un rischio sempre più concreto di ragazzi che passano ore e ore davanti ad uno schermo senza alcuna interazione con nessuno. Per la prof. Messa il secondo confinamento a cui sono costretti i giovani è preoccupante. In generale, non c’è più quella forza di spirito che si riscontrava a marzo.

“I ragazzi trascorrono sempre più tempo davanti al computer isolati dal resto del mondo – afferma – Milano può avere una maggiore capacità di resistenza rispetto ad altre città, qui non ci sono le rivolte di Napoli, ma in questo secondo lockdown non c’è più fermento, la gente non si affaccia ai balconi, non si tengono iniziative di quartiere, in generale si respira un clima di cupa rassegnazione”.

Redazione

 

 

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