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Bergamo, mercato del lavoro: il fenomeno dimissioni frena e i contratti sono stabili

Da «addio, posto di lavoro» a «resto al mio posto di lavoro». Quello delle grandi dimissioni è stato un fenomeno di portata globale, spesso considerato una conseguenza diretta della fatica mentale provata dai lavoratori durante la pandemia da Covid-19. Se n’è sentito parlare per parecchio tempo: per una serie di motivi, migliaia di dipendenti, in questi anni, hanno lasciato il posto fisso, rassegnando dimissioni volontarie.
Il trend, però, come evidenzia il report dell’Osservatorio Mercato del lavoro (a cura della Provincia) relativo al primo trimestre 2025, è in netta flessione anche in Bergamasca, sfiorando per i primi tre mesi dell’anno un -10%. In sostanza, ci si licenzia di meno e si resta dove si sta lavorando. È anche questo uno dei fattori in grado di determinare un bilancio positivo dell’occupazione sul territorio bergamasco, pur in una fase di incertezza delle prospettive (soprattutto per quanto riguarda il comparto manifatturiero). (Corriere della Sera)

Alla fine di marzo del 2025, il saldo tra assunzioni e cessazioni della provincia di Bergamo ha registrato una crescita su base annua di 6.517 posizioni di lavoro dipendente, un dato in progressivo miglioramento negli ultimi trimestri. Si potrebbe pensare che si tratti di nuove assunzioni (complessivamente sono state 32.443 tra gennaio e marzo, mentre nel 2024 si era registrato un +3,1%), ma in realtà le cessazioni sono state meno rispetto al medesimo periodo di un anno fa: 30.159 su base trimestrale pari a un -4,8%.

La dinamica dei licenziamenti, dove si innestano anche quelli «involontari», pure in flessione sul periodo, -7% secondo il report provinciale, evidenzia come non siano in corso «riduzioni della forza lavoro». Piuttosto i numeri denoterebbero la tendenza a limitare le assunzioni e a stabilizzare, con contratti a tempo indeterminato, posizioni temporanee. Il sistema si starebbe riallineando a standard occupazionali noti. Lo riprova il tempo determinato, che resta la modalità più frequente (il 46%) di avvio dei rapporti di lavoro. In questo alveo statistico assunzioni e cessazioni sono poco al di sotto dei livelli di inizio 2024, ma il saldo è azzerato dalle 4.035 stabilizzazioni verso il tempo indeterminato, in forte aumento (+9,7%) su base annua.

Dal punto di vista contrattuale, la componente a tempo indeterminato, nonostante una netta riduzione dei nuovi reclutamenti (-11,1% sul primo trimestre 2024), consolida i suoi livelli di crescita su base annua (+8.271 posizioni) in virtù delle trasformazioni dall’apprendistato e dal tempo determinato (4.785, +3,5% sul primo trimestre dell’anno scorso). La crescita del lavoro dipendente è trainata dal macrosettore del commercio e dei servizi; il saldo annualizzato del terziario (la differenza tra il numero di assunzioni e il numero di cessazioni nell’arco di un anno) segna +5.216 posizioni. Resta importante il contributo e il sostegno dell’edilizia (con un netto incremento delle assunzioni, oltre 14 mila con un saldo positivo di 1.045). L’industria, che registra una diminuzione delle cessazioni (9.276, -10,5% tendenziale) più intensa di quella degli ingressi (10.502 nuove assunzioni del primo trimestre, in calo del 7,4% su base annua) segna un ritorno del saldo in positivo.

Redazione

 

 

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