EconomiaLE TASCHE DEGLI ITALIANI

Case al mare e in montagna, sgravi sull’Imu se i Comuni lo vorranno

Il nuovo decreto del ministero dell’Economia, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 12 novembre scorso, non promette rivoluzioni, e sarebbe sbagliato leggerlo come tale. Più semplicemente, mette un po’ d’ordine nella complicata geografia dell’Imu sulle seconde case (l’abolizione sulla prima casa risale al 2014). E proprio in questo quadro nel 2023 e nel 2024 si sono aperti margini di respiro fiscale per chi ha una casa al mare o uno chalet in montagna. Il condizionale, però, è d’obbligo: tutto dipende dai Comuni, veri arbitri della partita. (Corriere della Sera)

Il decreto firmato da Via XX Settembre si limita ad aggiornare i criteri con cui i sindaci possono differenziare le aliquote. Nessun nuovo potere illimitato, dunque: il ministero ha tracciato paletti precisi per evitare che ogni amministrazione proceda secondo logiche proprie. All’interno di questo recinto normativo si introduce però una discreta flessibilità, soprattutto per gli immobili considerati «a disposizione», vale a dire non affittati, non concessi in comodato e utilizzati dal proprietario per una parte dell’anno. In questa categoria rientrano in pieno anche le case di vacanza, siano esse affacciate sul mare o immerse nei boschi.

La vera novità è che, per queste abitazioni stagionali, i Comuni potranno modulare l’Imu non soltanto partendo dall’aliquota base, ma tenendo conto dell’uso effettivo dell’immobile. Una casa utilizzata per periodi limitati, con utenze sospese durante l’anno o con un livello di arredamento ridotto, può essere interpretata come un’abitazione non continuativamente sfruttata e quindi meritevole, almeno in teoria, di un trattamento fiscale più leggero. Allo stesso tempo, gli immobili utilizzati come case vacanza in senso commerciale, affittati o destinati alla locazione breve, non rientrano nella logica dello sconto: anzi, con la stretta sugli affitti brevi degli ultimi mesi, la direzione per queste formule sembra andare verso una maggiore contribuzione, non il contrario.

È questo il punto che fa davvero la differenza. I sindaci hanno a disposizione una griglia, sta a loro decidere se applicare un’aliquota più mite per le case davvero «a disposizione» dei proprietari. Nulla, dunque, è automatico né dovuto. Molte amministrazioni potrebbero preferire mantenere un gettito costante, soprattutto in territori turistici dove le seconde case rappresentano una quota rilevante delle entrate. Altre, invece, potrebbero cogliere l’occasione per alleggerire il peso fiscale su immobili che non generano reddito e che assorbono comunque costi di mantenimento elevati. L’effetto finale sarà un panorama territoriale variabile, dove le case al mare liguri o pugliesi e gli appartamenti in quota sulle Alpi o in Appennino potranno trovarsi, a seconda del Comune, in situazioni molto diverse.

Il decreto introduce anche un elemento ulteriore: gli immobili resi inagibili non solo da calamità naturali, ma anche da cause diverse, potranno ottenere aliquote ridotte o addirittura azzerate. È una possibilità che amplia la platea delle abitazioni potenzialmente agevolabili, ma anche in questo caso non si tratta di un automatismo. Il sindaco valuta, decide, e delimita.

Le nuove regole saranno operative per le aliquote Imu del 2026. I Comuni hanno già la facoltà di caricare i prospetti aggiornati sul portale del dipartimento delle Finanze. Chi non lo farà in tempo dovrà applicare le aliquote 2025, e in caso di ulteriore omissione si ricadrà sull’aliquota base, senza margini di scelta.

Redazione

 

 

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