Il Pil del Giappone è sceso dello 0,4% nel periodo luglio-settembre rispetto al trimestre precedente e dell’1,8% su anno. Si tratta della prima contrazione in un anno e mezzo. La contrazione è dovuta alla pressione dei dazi doganali americani, all’inflazione ancora persistente e al calo degli investimenti immobiliari. La frenata del Pil è stata inferiore alle attese degli economisti, che prevedevano una contrazione del 2,5%. (Corriere)
Il calo del Pil è stato in gran parte determinato dalla contrazione delle esportazioni di beni e servizi, che sono diminuite dell’1,2% rispetto al trimestre precedente e del 4,5% su anno. I dazi Usa rappresentano un duro colpo per l’economia giapponese, fortemente dipendente dall’export e trainata da gruppi dell’automotive come Toyota. A settembre Tokyo e Washington hanno raggiunto un accordo che ha fatto scendere le tariffe applicate ai prodotti in arrivo dal Giappone dal 25% al 15%.
Gli investimenti immobiliari sono crollati del 9,4% a causa delle nuove normative edilizie. Dal 1° aprile in Giappone sono entrati in vigore standard di risparmio energetico più rigorosi per tutti i nuovi progetti. Secondo quanto dichiarato alla Cnbc da Harumi Taguchi, economista di S&P Global Market Intelligence, nei prossimi mesi il settore immobiliare dovrebbe riassorbire la frenata legata al nuovo quadro normativo. E anche l’impatto dei dazi dovrebbe essere più contenuto, favorendo la ripresa. L’aumento dei consumi interni, sia pubblici che privati, nel trimestre ha contribuito a rallentare la frenata dell’economia, ma non è bastato a evitare il calo. Secondo la maggior parte degli analisti, la contrazione del Pil, per quanto significativa, non deve essere necessariamente considerata un indizio di recessione.




