Sono le Major petrolifere, più ancora dell’Opec Plus, il motore della crescita di produzione che oggi mantiene sotto pressione i prezzi del greggio, alimentando un forte eccesso d’offerta sul mercato. (Sole 24 Ore)
Gli otto Paesi Opec+ impegnati da aprile nel ritiro di tagli produttivi hanno annunciato domenica 2 che nel primo trimestre 2026 sospenderanno la riapertura dei rubinetti, una sorpresa per il mercato, che però ha reagito con debole rialzo: circa mezzo punto percentuale per il Brent, che lunedì 3 è rimasto intorno a 65 dollari al barile.
La pausa arriva dopo un aumento complessivo delle quote di produzione da circa 2,9 milioni di barili al giorno, compreso l’incremento appena deciso per dicembre, che – in linea con le previsioni degli analisti – sarà limitato a 137mila bg, identico a quelli di ottobre e novembre.
Ma il mercato non riesce a scaldarsi, perché in realtà l’offerta continua a correre. Con un contributo sostanziale da parte delle maggiori compagnie del mondo occidentale: le eredi delle leggendarie Sette sorelle, che pompano petrolio “vero” e che l’anno prossimo non smetteranno di ingrossare le forniture, a prescindere dai segnali di prezzo e dalle condizioni della domanda.
Non è soltanto un tema legato alla (perenne) scarsa corrispondenza tra le quote produttive e la produzione reale dell’Opec+, anche se la discrepanza è rilevante: la coalizione, stima Morgan Stanley, ha restituito davvero al mercato appena 500mila bg tra marzo e ottobre, anziché i 2,6 mbg annunciati.
La produzione delle Major – che pure stanno quasi tutte stringendo la cinghia, anche con migliaia di licenziamenti decisi negli ultimi mesi – si è rimessa a correre come non faceva da molti anni. Le ultime trimestrali mostrano progressi davvero significativi, soprattutto da parte delle grandi compagnie Usa, che solo in parte sono legati all’M&A.
Chevron batte tutti con un balzo del 21% (su base annua) della produzione di idrocarburi nel terzo trimestre, a 4,1 milioni di barili al giorno. In questo periodo ha integrato Hess, un’acquisizione da 55 miliardi di dollari completata a luglio. Ma quest’ultima ha portato in dote 495mila bg: altri 227mila bg sono arrivati dallo sviluppo di giacimenti che erano già in mano alla Major.
Nello stesso trimestre l’altra big statunitense, ExxonMobil – che da tempo faticava ad accrescere la produzione – è salita a 4,8 mbg, in aumento di 139mila bg rispetto al secondo trimestre e di oltre un quarto rispetto a un paio d’anni prima. A trainare (come per Chevron) ci sono le operazioni in Guyana, nuova frontiera del petrolio in fortissimo sviluppo, ma anche lo shale oil del bacino di Permian, che ha contribuito per 1,7 mbg (di nuovo grazie anche ad acquisizioni, tra cui quella Pioneer Natural Resources nel 2023).
Anche le Major europee producono sempre di più, sia pure con un crescente focus sul gas. Eni ha incrementato la produzione del 6% lo scorso trimestre, a 1,76 milioni di barili equivalenti petrolio al giorno, con il contributo dell’avvio anticipato di Agogo West Hub in Angola (che produce anche greggio).
Shell è arrivata ad estrarre 1,83 mbg (+5%), grazie soprattutto al Brasile e all’offshore nel Golfo del Messico, che ha dato i migliori risultati da vent’anni. TotalEnergies ha prodotto 2,51 mbg (+4%) e anche Bp – che pubblicherà la trimestrale martedì 4 – ha anticipato che l’output è cresciuto rispetto ai 2,3 mbg di aprile-giugno.
Le Major operano anche in Paesi Opec+, dunque beneficiano dell’aumento delle quote. Ma l’offerta di petrolio in altre aree del mondo sta crescendo di più: per l’Agenzia internazionale dell’energia (Aie) la produzione non Opec+ salirà di 1,6 mbg quest’anno e di altri 1,2 mbg il prossimo, mentre dall’Opec+ si attende un incremento di 1,4 mbg nel 2025, seguito da un +1,2 mbg nel 2026, previsione che però risale a metà ottobre e non tiene conto delle decisioni assunte domenica.
Gli otto Paesi hanno spiegato che la scelta è legata alla «stagionalità»: il primo trimestre dell’anno è quello con la domanda di petrolio più debole. E il surplus sul mercato sta crescendo (nel 2026 il consensus Reuters lo prevede a 1,6 mbg, l’Aie addirittura a 4 mbg). Ma c’è anche la forte incertezza sollevata dalle nuove sanzioni contro la Russia, decise sia dagli Usa che dalla Ue. «Prendendosi una pausa commenta Jorge León di Rystad Energy – l’Opec+ protegge i prezzi e l’unità del gruppo», di cui fa parte anche Mosca.
				




