La guerra dei dazi tra Stati Uniti e Cina produce i primi effetti tangibili: a settembre le esportazioni cinesi verso Washington sono crollate del 27% rispetto all’anno precedente, segnando il sesto calo mensile consecutivo, mentre le vendite verso l’Europa sono cresciute dell’8,2%, secondo gli ultimi dati delle Dogane di Pechino. (Corriere della Sera)
Nel complesso l’export della Cina è aumentato dell’8,3% su base annua, al livello più alto degli ultimi sei mesi. Il messaggio è chiaro: la Cina vende meno in America, ma compensa puntando sull’Europa e sui Paesi emergenti.
Le esportazioni verso l’India sono salite del 12,9%, quelle verso i Paesi dell’Asean del 14,7%, in particolare +22,5% per la Thailandia e +22,3% per il Vietnam. «Stabilizzare gli scambi nel quarto trimestre sarà una sfida», ha riconosciuto il vice ministro delle Dogane Wang Jun, sottolineando però che la Cina resta «tra i tre maggiori partner commerciali di 166 Paesi», 14 in più rispetto a un anno fa, la dimostrazione della capacità di Pechino di riconfigurare le proprie rotte commerciali.
Sul fronte politico, la tensione resta alta. Ieri Pechino è tornata all’attacco. «Se gli Stati Uniti sono determinati ad andare per la loro strada, la Cina prenderà con fermezza misure corrispondenti per difendere i propri diritti e interessi legittimi», ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri, Lin Jian, invitando Washington a «correggere immediatamente le sue pratiche» e a «basarsi su uguaglianza e mutuo beneficio». Parole che riecheggiano la dura reazione di domenica all’affondo di Donald Trump annunciato via social venerdì, quando aveva minacciato nuovi dazi fino al 100% su tutte le importazioni cinesi, in risposta alle nuove restrizioni di Pechino sull’export di terre rare, essenziali per l’industria tecnologica e militare.
Il segretario al Tesoro Scott Bessent, intervistato da Fox Business, ha però parlato di «contatti in corso» e di una possibile distensione: «Trump è ancora sulla buona strada per incontrare Xi Jinping in Corea del Sud a fine ottobre. I dazi non entreranno in vigore prima del primo novembre». Ha rafforzato così l’apertura e i toni più concilianti dell’ultimo post del tycoon, domenica pomeriggio, dopo la violenta risposta di Pechino.
Anche l’Europa si trova coinvolta nella frattura tecnologica tra Occidente e Cina. Nei Paesi Bassi, il governo dell’Aia ha assunto il controllo del produttore di semiconduttori Nexperia, di proprietà cinese, invocando «gravi carenze di governance» e rischi per «la salvaguardia di conoscenze tecnologiche cruciali». La misura, adottata il 30 settembre, è basata sul Goods Availability Act, una legge del 1952 che consente al governo di intervenire per garantire beni essenziali. Il ministro dell’Economia Vincent Karremans potrà bloccare le decisioni del cda.
Pechino ha denunciato «l’interferenza guidata da pregiudizi geopolitici», ma la mossa olandese risente delle pressioni americane: Wingtech Technology, la casa madre di Nexperia, è dal 2024 nella Entity List del dipartimento del Commercio Usa, che vieta le esportazioni di tecnologie sensibili senza licenza. Il caso olandese si aggiunge ad altri interventi europei simili — dal golden power italiano alle restrizioni tedesche e britanniche — segnando un nuovo capitolo nel decoupling economico e tecnologico tra Occidente e Cina.