Economia

Il lavoro forzato e il costo economico della democrazia

Nei giorni scorsi, l’Unione europea ha vietato la commercializzazione sul mercato continentale dei prodotti ottenuti con il lavoro forzato. Questa decisione ha profonde implicazioni, poiché afferma che il libero mercato non può essere basato sulla violazione dei diritti fondamentali. (Il Giornale)

Questo divieto si inserisce in un contesto di duro contrasto geopolitico tra Occidente e Cina. È evidente che tali misure potrebbero essere utilizzate per intralciare il libero commercio e introdurre misure protezionistiche. Tuttavia, la questione di principio è cruciale: un mercato autentico deve fondarsi sui principi della libertà, dalla proprietà di sé al rispetto per il prossimo.

È interessante notare che la tassazione dei redditi stessi può essere considerata una forma di lavoro forzato. Quando il ceto politico-burocratico preleva una percentuale del nostro reddito, ciò equivale a trovarsi nella condizione di uno schiavo. Questo principio, sottolineato da Robert Nozick nel suo libro “Anarchia, Stato e utopia”, potrebbe minare ogni forma di dominio sovrano e d’imposizione, non solo fiscale.

In futuro, potremmo imparare a fare “2+2” e trarre tutte le doverose conseguenze da questa messa al bando dello sfruttamento del lavoro imposto con la forza1. La democrazia e la libertà richiedono una base solida, e il riconoscimento dei diritti fondamentali è parte integrante di questa fondazione.

Redazione

 

 

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