Attualità e politica

Piantedosi: “Se i migranti sono su Ong straniere si può vietare l’ingresso in Italia”

Nel suo primo giorno da ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi con una direttiva ha dichiarato fuorilegge le due navi umanitarie che hanno salvato oltre 300 migranti nel mare tra Libia e Malta, la «Ocean Viking» battente bandiera tedesca e la «Humanity 1» con bandiera norvegese.

Secondo il Viminale, le due navi sono “non in linea con lo spirito delle norme europee e italiane in materia di sicurezza e controllo delle frontiere e di contrasto all’immigrazione illegale”. Su questo, il ministro sta valutando di emettere un “divieto” di ingresso nelle acque territoriali italiane.

Dice Piantedosi a La Stampa. “Ho voluto battere un colpo per riaffermare un principio: la responsabilità degli Stati di bandiera di una nave. Ero vicecapo di gabinetto ai tempi di Maroni e fummo condannati dalla Corte di Strasburgo per illecito respingimento. Il famoso caso Hirsi. L’intera sentenza ruotava attorno al principio che se un migrante sale su una nave in acque internazionali, tutto il resto è responsabilità del Paese di bandiera. Questo principio vale solo per l’Italia e non per Germania e Norvegia?”.

Piantedosi quindi riparte dalla Convenzione del mare ma non si illude di vincerla alla prima mossa. “Gli sbarchi non dipendono solo dalle Ong”, dice, “Però è anche vero, pur se negano, che queste navi umanitarie sono un fattore di attrazione per i migranti, il cosiddetto “pull factor”. In Europa lo sanno tutti; se ne parlava apertamente quando andavo alle riunioni di Bruxelles da vicecapo della polizia”.

Meloni alla Camera ha spiegato che vuole arrivare al fatidico blocco navale da organizzare con l’intera Europa e nel suo manifesto ha ipotizzato la creazione di hot-spot direttamente in Nord Africa. Ma il nuovo governo guarda soprattutto alla Libia: “Già in settimana – dice Piantedosi – faremo un Comitato per la sicurezza con le agenzie di intelligence. Voglio capire la reale situazione in Libia e che cosa si può fare”.

“Frenare le partenze significa anche limitare le morti in mare, che mi ripugnano e che vedo ormai quasi non fanno più notizia”. E aggiunge: “Fin tanto che quei poverini sono sulle navi, tutti si commuovono. Appena a terra, guardano tutti da un’altra parte”.

Redazione

 

 

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