Internazionale

L’appello di Bernard-Henri Lévy: “Non in mio nome!”

L’omicidio del professore Samuel Paty nella banlieu parigina ha sconvolto il mondo per la sua crudeltà ed efferatezza. Uccidere è sempre un’azione atroce ma farlo decapitando una persona è quanto di più disumano e spietato si possa immaginare.

Bernard-Henri Lévy leva il suo scudo a difesa di Samuel Paty che ha cercato di fare il suo nobile mestiere di insegnante fino in fondo trasmettendo alla sua classe non solo nozioni, ma anche la libertà di pensiero. Lo Stato deve colpire i colpevoli, chi inneggia alla violenza, chiudere i luoghi di culto in cui si incita al male. Ma il cittadino francese che si ritrova a leggere il Corano deve dare il suo contributo e deve gridare forte “Non in mio nome!” . 

“Chi può ricordare a quegli adolescenti oscurantisti che esiste un Islam bello, amico della libertà di pensiero e della legalità, che nobilita i cuori e che, in intere regioni, ha dominato? Chi può assumersi l’incarico – così decisivo in tempo di guerra! – di isolare il nemico e tagliargli i rinforzi? Questo compito spetta, che lo si voglia o meno, ai miei fratelli in Abramo. – Continua Bernard-Henri Lévy nel suo appello su Repubblica – E, se coloro che si impegneranno avranno a loro volta della protezione della Repubblica, meriteranno di sentirsi dire: ai grand’uomini, alle donne esemplari, la patria è riconoscente”.

Redazione

 

 

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