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Per Draghi dodici mesi decisivi

Gli sbrodolamenti su quanto Mario Draghi sia alto, bello e muscoloso lasciano il tempo che trovano, tanto più in Italia dove ci vuol poco a passare dal servo encomio al codardo oltraggio. Quanti commentatori che ancora ieri elogiavano la pochette di Giuseppe Conte e i congiuntivi di Luigi Di Maio oggi si sperticano lodi al neopresidente del Consiglio…risate e molti popcorn. Da queste parti non abbiamo risparmiato critiche al precedente esecutivo, né abbiamo mai esitato a denunciare pubblicamente la manifesta incapacità dell’ex premier e di gran parte dei suoi ministri, la loro inettitudine fondata sul primato dell’incompetenza e della presunzione. Perciò ci rallegriamo della nuova fase.

Con Mario Draghi si ristabilisce, anzitutto, un principio di serietà. Nel discorso rivolto alle Camere per il voto di fiducia, emerge una visione del paese e del nostro futuro. L’asciuttezza dei concetti, tipica di chi conosce la lingua italiana al punto di non dover esibire un linguaggio da azzeccagarbugli. La gravitas del ruolo, con la rosetta del Cavaliere della Repubblica appuntata sul petto a testimonianza di una storia personale e professionale riconosciuta e omaggiata financo dal Quirinale. La verità delle parole che non edulcorano, non minimizzano, non giustificano i gravi ritardi che registriamo sul fronte del Piano nazionale di ripresa (da sottoporre a Bruxelles entro il 30 aprile) e della campagna vaccinale che avanza a passo di lumaca. Agli stessi che strizzavano l’occhio alla pochette posticcia di Conte viene sbattuta in faccia la realtà puntellata di appuntamenti mancati, dossier incompleti, disorganizzazione, errori e figuracce. La bozza del Piano nazionale, consegnata dal precedente governo, è da riscrivere di sana pianta, le primule appassiranno per favorire invece una campagna di massa, che coinvolga Protezione civile e medici di base, per vaccinare notte e giorno in ogni luogo disponibile (hangar, stadi, caserme etc).

Nelle parole di Draghi, c’è la ferma volontà di ribadire la collocazione europea e atlantista del nostro paese. Basta ambiguità, basta con gli imbarazzanti parallelismi tra Washington e Pechino. L’Italia è Occidente, è Europa, e “fuori dall’Europa c’è meno Italia”, per citare il premier. “Non c’è sovranità nella solitudine”, chiaro riferimento alla Lega e a quanti coltivano ancora il sogno di un’autarchia impossibile in un mondo interdipendente come quello attuale. Finalmente c’è un riferimento esplicito alle tante, troppe attività economiche che attendono aiuti e ristori che non arrivano, per non parlare di quelle che dovranno essere accompagnate nel cambiamento perché il blocco dei licenziamenti scade a marzo e non potrà prorogarsi all’infinito.

Transizione digitale e ambientale, mobilità green, infrastrutture, banda larga e 5G sono le tracce di una Rivoluzione profonda che potrebbe cambiare il volto del paese, se ne saremo capaci. Così come i 18 punti percentuali di divario tra la partecipazione maschile e femminile al mondo del lavoro raccontano quanto sarà importante investire massicciamente nella missione europea dedicata alle madri lavoratrici, agli asili nido e alla parità di genere intesa come capacità di garantire “parità di condizioni competitive” e non come “un farisaico rispetto di quote rosa richieste dalla legge”.

Il riferimento alla necessità di una “transizione culturale” che investa nell’istruzione dei giovani con l’innesto di nuove materie e metodologie, e poi un discorso a parte riservato ai “quattordici punti di Pil” rappresentati dal turismo, il settore che più di ogni altro soffre le conseguenze di un blocco prolungato, dello stop della mobilità e dei divieti, comunicati addirittura con 24 ore di anticipo, come nel caso degli impianti sciistici.

Il tempo delle chiacchiere è esaurito. Il governo Draghi non avrà il tempo per portare a compimento ogni riforma annunciata, dal fisco alla pa, ma se riuscisse a sfruttare al meglio i prossimi dodici mesi sul fronte del Recovery e dei vaccini, potrebbe dire di aver letteralmente salvato il paese. I prossimi dodici mesi saranno decisivi.   

Annalisa Chirico

Redazione

 

 

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