Attualità e politica

Il Nord produttivo controllato dalla Lega ha retto l’urto della pandemia

Il Nord Italia, centro produttivo e cuore dell’economia italiana, ha retto l’urto della pandemia. Le fabbriche del settore manifatturiero sono rimaste aperte e sono restate parte integrante delle filiere di produzione internazionale e di un’alta quota di export. Non sono state sostituite a favore delle industrie polacca e slovena, anzi, hanno dato prova di essere un passaggio fondamentale e insostituibile della catena produttiva.

Come racconta il Corriere della Sera, il settore manifatturiero ha consentito al paese di limitare i danni nel crollo dell’economia a cui abbiamo assistito da un anno a questa parte. L’export, che a causa del blocco degli spostamenti, avrebbe dovuto subire gravi danni, è cresciuto invece dell’1,1% tra novembre 2019 e lo stesso mese nel 2020. Ha mostrato un cambiamento nel made in Italy, sempre più richiesto per beni intermedi e macchinari e non solo per prodotti iconici.

Come afferma il sociologo Paolo Perulli (citato dal Corriere della Sera) “il Nord ha accentuato la sua natura di regione europea”. Oltre a non esser crollato, il Nord produttivo ha anche conseguito il rinnovo dei contratti nazionali di lavoro, compresi i metalmeccanici, con aumenti salariali dai 63 euro ai 120 euro.

Tra i successi conseguiti, l’annuncio di Amazon di un investimento di 230 milioni di euro per due nuovi centri, a Novara e a Spilamberto (Modena). Il colosso ha investito negli ultimi 10 anni 5,3 miliardi di euro per la logistica in Italia. Ancora, l’acquisizione da parte di Hamburger Hafen und Logistik del porto di Amburgo di una quota (50,01%) del terminal PLT nel porto di Trieste, o gli investimenti annunciati parti a 1 miliardo di euro nella Motor Valley emiliana, con le aziende Faw (Cina) e Silk Ev (Usa) pronte a produrre in Italia.

Redazione

 

 

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