Economia

La battaglia contro l’inflazione è quasi vinta ma non ci sono vincitori

Good bye, inflazione. Il fattore d’angoscia numero uno per l’economia mondiale sta dissolvendosi con sorprendente rapidità. I numeri parlano chiaro. L’inflazione su base annua negli Stati Uniti ha toccato il picco del 9,1% a giugno 2022 (rispetto al giugno 2021): nell’ottobre 2023 è scesa al 3,3%, sempre rispetto a dodici mesi prima. Nell’Eurozona il massimo è del luglio 2022 con il 10,1%: nel novembre 2023 il dato è crollato al 2,4%. Per l’intero anno le cifre saranno un po’ diverse perché bisogna fare la media dei 12 mesi, ma la tendenza è chiara: intorno al 4,3% per l’America rispetto all’8% del 2022, e 5,3% per l’Eurozona dall’8,4% dell’anno scorso. Meglio di tutte le previsioni, dal Fmi ai think-tank di entrambi i lati dell’oceano. (Repubblica)

L’Italia per una volta sembra essere in linea. Nel gennaio di quest’anno i prezzi erano più alti per il 10% rispetto al primo mese del 2022, ma ora l’anno si sta chiudendo con un +0,8% su base annua in novembre, il che porta l’Istat a valutare il dato “acquisito” per il 2023 al 5,7% contro l’8,7% del 2022.

Dunque, sembra la battaglia è quasi vinta, per di più senza essere sprofondati in recessione, ma non c’è ancora da stare tranquilli, avverte Nomura in un report intitolato “No declaration of victory yet”, in cui peraltro anticipa da settembre a giugno 2024 il calo dei tassi. «Ma prima è meglio di no, per schivare i rischi di recrudescenza», spiega Lorenzo Forni, economista di scuola Bankitalia, oggi a capo di Prometeia Associazione: «L’economia, almeno quella europea, può reggere questi tassi ancora per un po’ evitando una recessione: le banche sono solide, le aziende sono capitalizzate, le famiglie devono ancora spendere i risparmi dell’epoca dei lockdown. Tuttalpiù si tratterà di una stagnazione, difficilmente di una recessione».

Redazione

 

 

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