Economia

Acea: serve una rete idrica unica per l’Italia

La rete unica per le telecomunicazioni? Sarebbe più urgente pensare a una sola infrastruttura per la gestione dell’acqua. E’ questo uno dei cardini attorno a cui ruoterà il discorso di Fabrizio Palermo, ad di Acea, che oggi interverrà in uno dei panel all’interno della quarantesima assemblea dell’Anci. Nella tavola rotonda “Governare la complessità, le grandi infrastrutture per il Paese” alla quale parteciperà il ministro per le Infrastrutture e i Trasporti Matteo Salvini, Palermo accenderà sul business dell’acqua, considerando che oggi Acea è il principale gestore delle risorse idriche con oltre 9 milioni di clienti. Il problema – spiega il manager a “La Stampa” – è che il tema dell’acqua è sempre più importante, ma non sempre viene percepito come una priorità dal sistema italiano”. L’Italia però è uno tra i Paesi con maggiori risorse idriche al mondo: “Il problema non è l’elemento naturale, che effettivamente non manca, ma la sua gestione. I numeri non mentono, c’è un gap di investimenti consistente nel settore. Il 60 per cento delle infrastrutture ha più di 30 anni, un quarto ha oltre 50 anni. Si tratta di ‘autostrade dell’acqua’ che non sono mai state manutenute”.

Quanto pesa sul Paese è presto detto: “Di fatto condiziona il 20 per cento del Pil italiano. Quando parliamo di acqua non dobbiamo pensare solo a quella del rubinetto, ci sono anche il settore agricolo e quello industriale oltre ai consumi legati al mondo dell’energia e della tecnologia”. Parte della rete è obsoleta: “Non ci sono ancora stime affidabili, ci stiamo lavorando. I dati però sono inequivocabili: gli investimenti annui su infrastrutture idriche in Italia per abitante si attestano a 56 euro contro una media europea di 78 euro. Eppure la manutenzione degli impianti dovrebbe essere costante, peraltro le tecnologie oggi aiutano nel monitoraggio. Calcoli che in tutto questo l’Italia vive un paradosso. Veniamo da generazioni abituate ad avere l’acqua sempre. Si tratta di una risorsa fondamentale che diamo per scontata. E pensare che in Italia paghiamo meno di tutti in Europa”. Palermo spiega che “l’acqua si paga attraverso una tariffa che in Italia è la metà di quella francese e un terzo di quella tedesca. Il costo al metro cubo nel nostro paese è di 2,1 euro contro una media europea di 3,5 euro. In Francia pagano 4,1 euro, in Germania 5. Tradotto: un litro di acqua del rubinetto costa 0,0025 centesimi”.

Insomma, troppo poco per sostenere gli investimenti. Ma il Pnrr aiuta in questo senso: “Certo, sono stati stanziati 4 miliardi. Ma la cifra da sola non basta a colmare il gap. Un gap che peraltro è destinato ad aumentare, basti pensare al fabbisogno del mondo tecnologico. Nel bilancio di Google c’è scritto che l’azienda consuma 12,7 milioni di metri cubi all’anno. Anche solo fare 20 domande a ChatGpt implica il consumo di mezzo litro d’acqua. Per guardare con serenità al futuro, serve immaginare un grande intervento strutturale e di sistema”. Quanto alle soluzioni: “La tariffa potrebbe essere un po’ aumentata, con criterio e senza eccessi. Ma basterebbe anche poco per potersi dotare di risorse importanti”. Facile immaginare la rivolta politica al grido di: l’acqua è gratis e non si tocca: “L’acqua resta e resterà gratis. Questo è fondamentale sottolinearlo bene. Oggi gli utenti pagano gas ed elettricità e poi il relativo trasporto e stoccaggio. Per l’acqua si paga solo il trasporto, il controllo della qualità della risorsa e la depurazione. Che senso ha che il costo delle infrastrutture idriche non sia riconosciuto in modo adeguato a garantirne la manutenzione?”, ha concluso Palermo.

Redazione

 

 

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