Economia

La strategia per l’export è alzare costantemente l’asticella della qualità

L’arma è quella degli investimenti sull’innovazione tecnologica e sul design. Nella competizione a livello globale l’industria ceramica nazionale continua ad alzare l’asticella della qualità. Strategia che è anche obbligata, per neutralizzare lo svantaggio di costi di produzione decisamente più alti rispetto ai concorrenti internazionali. Produttori spagnoli, indiani, cinesi e messicani che cercano di conquistare sbocchi commerciali con prezzi al metro quadrato che sono la metà (Spagna) o addirittura un terzo o un quarto (Cina, India) di quelli italiani. «Ci stiamo spostando sempre di più verso la fascia alta del mercato», dice Giorgio Romani, vicepresidente di Confindustria Ceramica. (Sole 24 Ore)

Alta o altissima gamma, per assorbire il costo del lavoro e gli elevati costi energetici che diversamente potrebbero compromettere le performance (e le esportazioni). Scelta sostenuta da investimenti in ricerca e sviluppo che mediamente, negli ultimi periodi, hanno assorbito tra il 7 ed il 9% dei ricavi annui. «Per la caratteristica di competere nella parte alta della piramide siamo sempre più orientati a lavorare sulla qualità e non sulla quantità», prosegue Romani. Tutto confermato dai numeri: l’Italia contribuisce alla produzione mondiale con circa il 3-3,5% dei volumi, ma raggiunge il 31% del valore totale delle piastrelle esportate da ogni Paese. Ed è il progressivo radicamento nell’area premium e nel luxury a spingere la corsa oltreconfine, in linea con la vocazione storica degli industriali del settore a misurarsi con il mondo. L’anno scorso le esportazioni delle sole piastrelle hanno sfiorato i 5 miliardi.

In pratica, circa l’80% della produzione nazionale. E i numeri riferiti al primo semestre di quest’anno mostrano sostanziale stabilità: nessun arretramento. Il primo mercato si conferma quello della Ue, con la vendita di quasi 90 milioni di metri quadrati di piastrelle per un valore che sfiora gli 1,5 miliardi.

Poi, ecco Nordamerica e Sudamerica in crescita dell’1,5% a quota 450,4 milioni, l’Europa extra-Ue (233,6 milioni), in corsa con un balzo del 3,3%, e l’Africa, da cui proviene l’incremento più significativo: 11,4%. Meno performanti l’Australia e l’Oceania, dove si si assiste a una perdita in volume (9,1%) e in valore (13,2%), e l’Asia.

Per il settore quest’ultimo sbocco rappresenta il terzo bacino commerciale, un grande mercato in leggero arretramento (4,8%) dove si fa più sentire la concorrenza dei produttori locali. «Concorrenza che riguarda anche i materiali alternativi alla ceramica – spiega Romani -: negli Usa per esempio abbiamo margini di manovra ristretti rispetto all’Lvt, materiale di origine plastico».

Redazione

 

 

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