I miliardi non cambiano, restano 1120. Tuttavia, alla luce dell’aumento dei prezzi, in termini reali si riducono dell’1%. Anno non brillante il 2025 dell’industria italiana, con l’analisi realizzata da Intesa Sanpaolo e Prometeia a restituire un quadro settoriale in chiaro-scuro che nel complesso genera una media ancora una volta magra. (Sole 24 Ore)
Un bicchiere mezzo pieno, guardando agli oltre 200 miliardi in più che l’industria realizza se il confronto è con il periodo pre-Covid, mezzo vuoto tuttavia tenendo conto della discesa degli ultimi anni, con il 2022 (a quota 1163 miliardi) a rappresentare l’ultimo anno di crescita.
Periodo complesso e di grandi cambiamenti, spiega il chief economist di Intesa Sanpaolo Gregorio De Felice, «in cui dobbiamo fare in modo di cogliere le sfide per farle diventare opportunità: in questo scenario il sistema manifatturiero italiano ci incoraggia». «Nel mondo vediamo un rallentamento – aggiunge la senior partner di Prometeia Alessandra Lanza – ma al momento, grazie ai grandi investimenti in tecnologie, non pensiamo che si trasformi in recessione».
In termini di domanda, a fronte di qualche segnale di risveglio del mercato interno, con investimenti parzialmente riattivati dopo la revisione di Transizione 5.0, sul versante internazionale si segnala un 2025 dai due volti. Con un progresso del 2,4% a valori costanti tra gennaio e luglio innescato dalla volontà di anticipare la scure dei dazi a cui ha fatto seguito la caduta di agosto, segnale che porta a ridurre la crescita stimata per l’intero anno allo 0,9%.
La crescita più ampia delle importazioni porterà ad una riduzione dell’avanzo commerciale, che ad ogni modo resterà ampiamente oltre i 100 miliardi (al netto dell’energia), terzo miglior risultato di sempre. In termini settoriali si conferma il trend degli ultimi mesi, con una dispersione dei risultati ampia in una prevalenza di segni meno. Navi, aerei e treni realizzano la performance migliore (+6,8%), seguiti dalla farmaceutica. Ricavi in crescita anche per alimentari ed elettrotecnica.
Sul fronte opposto a cedere in modo netto sono le auto (-9%), seguite da moda (-3,5%), elettronica, e chimica, scenario che ormai si protrae da molti mesi.
Se questo è il presente, non brillante, le previsioni sono improntate ad un moderato ottimismo e nel biennio 2026-27 l’industria manifatturiera è vista crescere a ritmi moderati, dell’1% medio annuo a prezzi costanti, all’interno di un contesto mondiale che resta comunque pieno di incertezze.
Determinante – si spiega nel rapporto – sarà il miglioramento della domanda europea, guidata dal rientro dell’inflazione e dall’attesa ripartenza della Germania. La riattivazione del commercio intra-Ue potrà infatti compensare la debolezza degli scambi mondiali, spingendo verso un graduale miglioramento del saldo commerciale manifatturiero, visto nel 2027 a 113 miliardi, a ridosso del massimo storico del 2023.
Anche il mercato interno darà un contributo alla crescita, sia dal lato dei consumi che degli investimenti. Spinta che in termini settoriali verrà in particolare dalle aree medium e hi-tech, protagoniste di tassi di crescita quasi doppi rispetto alla media. Dunque anzitutto elettronica, con un fatturato deflazionato in aumento del 2,2% medio annuo. E poi meccanica (+2,2%), sostenuta dal riavvio del ciclo degli investimenti in macchinari e attrezzature e dal contributo del Pnrr. E infine le auto, in fisiologica risalita, seppure parziale, dopo la caduta recente.
Pur tra numerose complessità, e in presenza di ricavi non brillanti, il sistema manifatturiero si conferma in buona salute in termini di margini. In lieve ridimensionamento dai picchi del triennio 2021-23 ma comunque oltre i livelli del 2019: dalle elaborazioni dei bilanci del 2024 la quota di imprese con Roi superiore al 10% si è mantenuta elevata, pari al 44%, quasi dieci punti oltre i livelli 2019. E tra due anni, 13 settori dei quindici monitorati avranno un Roi superiore ai livelli pre-Covid.





