Saipem sugli scudi a Piazza Affari, così come in generale tutto il comparto petrolifero. Il titolo del gruppo italiano viaggia sui massimi di seduta, attorno a 2,333 euro, mentre il FTSE MIB +0,43% si muove a passo molto più lento. A sostenere l’andamento delle azioni è il rialzo, a sorpresa, del petrolio (+1,75% a 62,95 dollari al barile il Wti, +1,77% a 66,66 dollari il Brent), dopo che nel weekend l’Opec+ ha deciso di aumentare nuovamente la produzione di greggio, con una strategia che gli analisti hanno interpretato come un tentativo di acquisire una quota di mercato maggiore nelle vendite di greggio. (Sole 24 Ore)
L’Organizzazione ha optato a sorpresa per un rialzo della produzione da 137.000 barili al giorno per ottobre, ricominciando a ridimensionare anche l’ultima tranche da 1,65 milioni di barili al giorno di tagli volontari. «Il rimbalzo del petrolio potrebbe essere attribuito a un mix di fattori: aumento della produzione inferiore come entità rispetto ai due mesi precedenti, necessità di verificare se i livelli teorici saranno poi effettivamente tramutati in maggiore produzione/export e dubbi sulla possibilità di una tregua a breve della guerra in Ucraina a causa dell’intensificazione degli attacchi nell’ultimo periodo», spiegano gli analisti di Mps. Inoltre, come aggiungono gli esperti di Equita, «l’aumento effettivo della produzione nel mese di ottobre sarà probabilmente inferiore al target indicato, a causa dei continui impegni di compensazione da parte dei paesi che in passato hanno superato i limiti di produzione e dei vincoli che limitano la produzione in alcuni paesi membri, come la Russia e l’Iraq». Secondo le stime di Argus, tra aprile e agosto il gruppo degli otto ha aumentato la produzione di 1,35 milioni di barili al giorno, ben al di sotto dell’aumento teorico della quota di 1,92 milioni del periodo.
Tornando a Saipem, sale inoltre l’attesa per le assemblee straordinarie, fissate per il 25 settembre, per approvare il progetto di fusione tra Saipem e Subsea7. Dai documenti sull’accordo predisposti in vista delle assemblee emergono nuovi dettagli, soprattutto sulle condizioni necessarie per il via libera all’operazione. Tra gli aspetti più rilevanti la quotazione anche a Oslo della nuova entità e l’entità delle misure correttive che potrà imporre l’Antitrust (se fossero imposte dismissioni a tutela della concorrenza superiori a 500 milioni di euro, le parti potrebbero tirarsi indietro). Il closing dell’operazione è sempre previsto nella seconda metà del 2026.