Diversificare i mercati esteri e cercare nuove opportunità. È una sorta di mantra quel che viene ripetuto dalle associazioni d’impresa ogni volta che vengono diffusi i dati sulle esportazioni. Facile dirlo, un po’ meno attuarlo, almeno stando ai dati storici delle esportazioni bresciane. (Corriere)
L’evoluzione delle esportazioni dal 2002 (l’era euro) a oggi racconta che l’export è cresciuto molto e ha rappresentato per molte imprese la valvola di sicurezza che ha più che compensato una domanda interna (leggi: salari reali fermi) fiacca ma sempre all’interno della coperta Ue. Qualcosa è cambiato nel tempo, ma di grandi diversificazioni, a onor del vero, non se ne sono viste, segno forse che andare in mercati nuovi — con regole, burocrazia, valute, controlli diversi — è sì esotico e affascinante ma necessita di particolare cautela.
Nel 2002 l’export bresciano era di circa 7,5 miliardi, nel 2008 era già cresciuto a oltre 14 dopodiché — nonostante le due grandi battute di arresto della crisi del 2008 e del Covid — oggi è comunque sopra i venti miliardi. Prezzi correnti, certo, da ripulire un po’ per l’inflazione, ma comunque una corposa crescita. L’area Ue è però sempre stata quella dominante: rappresentava oltre il 67% dell’export totale bresciano nel 2002, nel 2024 è poco sotto il 65%. In questo 65% i due pezzi da novanta sono Germania e Francia. La prima, da sola, fa quasi un quinto dell’export bresciano: nel 2002 il 18,6% delle merci bresciane andava in terra tedesca, oggi siamo al 17% circa dopo aver superato in anni passati addirittura il 20%. E oggi, con la Germania che arranca, rallenta anche Brescia. Nel 2002 l’export verso la Francia pesava per l’11,6% mentre oggi è al 10,3%, in calo dopo aver superato in anni passati il 12%.
E gli Stati Uniti, terzo storico partner dell’export bresciano che oggi innalza dazi e barriere ed è decisamente meno amichevole rispetto al passato? Nel 2002 la quota Usa di export bresciano era il 7,2%, poi era calata fino al 4,5% per poi risalire fino a quasi l’8% di fine 2024. Messi assieme, Ue e Usa fanno i tre quarti dell’export bresciano.
Il resto dove va? Un po’resta in Europa, ma fuori dall’area Ue, dopodiché la gran parte va verso l’Asia. Dal 2002 al 2024, si è passati da circa 685 milioni di euro a 2,19 miliardi del 2024. In termini percentuali il peso specifico dell’Asia è passato dal 9 all’ 11% circa. In questo quadro la parte del leone la fa la Cina, con esportazioni passate da 100 a quasi 500 milioni e un peso specifico quasi raddoppiato dall’1,3 al 2,4% (ma se parliamo di importazioni, il saldo commerciale resta comunque molto negativo). E poi l’India, che pesava poco o niente a inizio secolo (lo 0,3%) e oggi supera l’1,2%: in termini assoluti l’export è passato da 22 milioni nel 2002 a 238 milioni di euro nel 2024. Ancora poco, ovviamente, ma è evidente che le potenzialità vanno tutte verso l’Asia.
Grandi esclusi sono invece America Latina e Africa, che restano decisamente marginali (assieme i due continenti superano di poco il 5% dell’export bresciano) per le nostre tratte commerciali. Qualcosa dovrà cambiare, ma se il baricentro si sposta a est anche il Sud guarda da quelle parti.