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Fondi Ue, check su 11,3 miliardi erogati. Finte imprese femminili sotto tiro

Donne al comando solo sulla carta, progetti vecchi vestiti da idee nuove. Sul grande palcoscenico dei bandi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) va in scena una doppia illusione: imprese che si tingono di rosa all’ultimo minuto e attività già avviate che si riciclano come start up di frontiera. Dietro i moduli e le autocertificazioni, una partita a scacchi in cui la forma batte la sostanza, con le risorse per la ripresa che rischiano di svanire tra le pieghe delle frodi più raffinate. (Sole 24 Ore)

I controlli del Nucleo speciale spesa pubblica e repressione frodi comunitarie della Guardia di finanza ora svelano il trucco: sotto i numeri della rinascita sostenuta dal Pnrr si nascondono anche dei trasformismi. Lo dicono gli esiti dei quasi 15mila controlli svolti negli ultimi 18 mesi su finanziamenti, erogazioni e appalti per un valore complessivo di 11,3 miliardi di euro. Il focus riguarda tutti i settori interessati dalla misura e su cui è alta l’attenzione della Procura europea: infrastrutture pubbliche, sostegno alla competitività delle imprese, innovazione, trasformazione digitale, formazione, sviluppo, istruzione, ricerca, sanità e Pubblica amministrazione. Ma andiamo con ordine.

Dietro molte richieste di accesso al Fondo impresa femminile, la storia è quasi sempre la stessa. Una società familiare, spesso storicamente gestita da un uomo, cambia improvvisamente volto. Basta un’assemblea, una variazione rapida alla Camera di commercio, ed ecco che la figlia, la moglie, una parente, diventa rappresentante legale. In apparenza, un passo avanti per la parità di genere. Nella realtà, la direzione resta ancorata alle vecchie abitudini, mentre la nuova “imprenditrice” continua la sua vita, impegnata altrove o del tutto ignara del ruolo formale appena assunto.

I fascicoli degli investigatori abbondano di casi fotocopia: aziende dove la presenza femminile è solo un requisito formale, esibito al momento giusto per scalare le graduatorie. Le verifiche incrociano nomi, mansioni e tracciano la distanza tra il nominativo in bacheca e chi davvero tiene le redini dell’impresa, secondo il classico schema del (in questo caso della) prestanome. Così, le risorse destinate a rafforzare il tessuto imprenditoriale femminile rischiano di perdersi in un gioco di specchi, con il solo scopo di accedere ai fondi.

Il secondo filone delle frodi punta sull’innovazione, o meglio sul suo simulacro. Progetti imprenditoriali che si presentano come nuove iniziative, ma che in realtà hanno già un passato consolidato. È il caso di società che rispolverano attività avviate anni prima, ripescano vecchie fatture e le riassemblano per fingersi start up nate sull’onda del Pnrr. Un restyling amministrativo che promette futuro, ma fotografa solo il passato. Le domande di finanziamento raccontano storie di crescita, sviluppo, rivoluzione digitale. I controlli, invece, ricostruiscono filiere di documenti alterati, date accomodanti e idee riciclate. Progetti che, invece di innescare la spinta innovativa, servono solo a intercettare risorse preziose. E chi davvero avrebbe idee nuove, spesso resta fuori dalla porta.

Il resoconto della Guardia di finanza va ben oltre i due fronti. Solleva il velo su fenomeni allarmanti di criminalità creativa, in cui possono cambiare i personaggi ma mai il copione. Documenti artefatti e società che esistono solo sulla carta sono il giro di boa per imboccare la rotta verso il fenomeno più allarmante: appalti assegnati in salotti riservati più che in gare pubbliche. Il meccanismo è ormai rodato: presentare informazioni false, incomplete o volutamente fuorvianti per assicurarsi finanziamenti a cui, sulla base dei requisiti reali, non si avrebbe diritto.

La truffa comincia spesso da una semplice fattura. Falsa, gonfiata, magari firmata da una società senza dipendenti né sede operativa, utile solo per aggirare il filtro dei controlli. L’architettura della frode si perfeziona con dichiarazioni mendaci: carte che garantiscono la regolarità formale della pratica, ma nascondono l’assenza di sostanza, il vuoto di progetti veri, di investimenti autentici. Non mancano le società fittizie, create ad hoc o rilevate tra le imprese inattive, perfette per sfruttare le falle dei bandi che prevedono pagamenti anticipati senza dover esibire giustificativi di spesa immediati. Aziende senza vita, senza dichiarazioni fiscali da anni, rianimate solo per il tempo di incassare fondi destinati altrove.

Nel 2024 la Guardia di finanza ha aperto 764 indagini sulle frodi ai fondi europei in Italia, con 527 casi legati alla spesa unionale. Oltre il 43% riguarda il Pnrr, segnalando un netto aumento rispetto al passato. I fondi più colpiti sono quelli agricoli, regionali, della pesca e dell’occupazione. Le indagini si focalizzano su infrastrutture, digitale, formazione, sanità e pubblica amministrazione, evidenziando una crescente vulnerabilità italiana alle frodi sui fondi dell’Unione europea.

Redazione

 

 

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