I dazi tornano al centro della scena. La Casa Bianca ha annunciato numerose nuove aliquote e posticipato di tre settimane la scadenza dei negoziati volti a evitare o attenuare tariffe reciproche. «I mercati, per ora, sembrano ignorare le possibili ripercussioni, convinti che, nonostante le minacce, il presidente americano, Donald Trump, continuerà a privilegiare la retorica rispetto all’azione concreta, mantenendo i dazi intorno al 10%», spiega Anthony Willis, investment manager di Columbia Threadneedle Investments. Ma il futuro potrebbe essere molto diverso da come lo immaginano i mercati. (Corriere della Sera)
Per affrontare i prossimi mesi e difendersi dai possibili effetti «tardivi» delle nuove tariffe targate Trump, i professionisti delle 34 realtà di settore (tra Sim, società di gestione e banche d’investimento) che hanno partecipato al sondaggio di metà anno de l’Economia del Corriere della Sera consigliano di ribilanciare il portafoglio inserendo una quota di obbligazioni indicizzate all’inflazione e lasciando comunque spazio al rischio, tra azioni (al 38%), corporate bond (al 21%) e mercati privati (al 6%). Secondo gli esperti, l’equity rimane l’asset class da privilegiare (è preferito dal 72,7% dei partecipanti al sondaggio), con un’esposizione meno marcata ai titoli ad alta crescita, che se la giocano alla pari con i titoli value più difensivi (a inizio anno, invece, il 62,5% dei gestori era a favore del growth).
Tra i Paesi in cui investire, sul gradino più alto del podio è salita l’Europa (78,8%), seguita dagli Stati Uniti (57,6%) e dai Paesi emergenti (54,5%). Anche l’intelligenza artificiale continua a dominare tra i megatrend considerati più promettenti, con il 72,7% delle preferenze: tecnologia in generale e infrastrutture ottengono invece il 66,7% dei consensi (75%), mentre l’economia circolare è considerata appetibile solo dal 3%. Nel mondo del reddito fisso, invece, i corporate bond sono da preferire ai titoli di Stato (57,6% contro il 42,4%), ma con un focus sulla qualità, privilegiando quindi l’investment grade (66,7%). Tra i rischi da monitorare, infine, in cima ai pensieri c’è l’inflazione (63,6%) alimentata dalle politiche di Trump, oltre ai dazi (57,6%) e alle guerre in Medio Oriente (48,5%).
I mercati sembrano convinti che l’ex Tycoon non spingerà il piede sull’acceleratore dei dazi, «ma la bassa volatilità potrebbe incoraggiare la nuova amministrazione americana a varare misure ben più aggressive – fa notare Willis –. Non a caso, Trump ha dichiarato che i dazi sono stati accolti molto bene, contribuendo a portare il mercato azionario a un nuovo massimo storico». Per alcuni Paesi, quindi, i dazi potrebbero essere ben superiori al 10%, oltre a considerare anche la possibile introduzione di tariffe settoriali. «I prossimi mesi saranno cruciali per valutare l’impatto ritardato dei dazi doganali – argomenta Willis –. Alla luce degli attuali livelli di mercato, desta preoccupazione il fatto che molte notizie positive sembrino già incorporate nei prezzi, mentre i potenziali rischi al ribasso, legati a tariffe più elevate del previsto, potrebbero essere stati sottovalutati».