L’export di vino italiano negli Stati Uniti ha registrato una brusca frenata nei mesi di luglio e agosto 2025, con un calo del 28% in valore, nonostante i produttori abbiano ridotto i listini medi di circa il 17% per contenere gli effetti dei dazi. È quanto emerge dall’Osservatorio di Unione italiana vini (Uiv), che fotografa un mercato in progressivo deterioramento dall’inizio dell’anno, in coincidenza con l’introduzione delle nuove tariffe doganali. (Repubblica)
Nei primi otto mesi del 2025, l’andamento tendenziale in termini di valore è passato dal +12,5% del primo trimestre al -3% complessivo, segnando un’inversione di rotta netta. Il crollo è legato soprattutto ai mesi estivi: luglio -26% rispetto al 2024 e agosto -30%, primo mese di applicazione dei dazi al 15%, secondo i dati Istat. Le prospettive restano deboli: le stime preliminari della Dg Taxud (Direzione generale per la fiscalità e l’unione foganale della Commissione Europea) indicano per settembre un’ulteriore contrazione a doppia cifra.
“Come previsto, dazi e debolezza del dollaro hanno pesato sull’andamento del mercato – ha commentato Lamberto Frescobaldi, presidente di Uiv – Il contesto, con consumi statunitensi in calo e un temporaneo aumento degli ordini per scorte, non poteva durare. I dati estivi lo dimostrano. Ora le imprese devono guardare al medio-lungo periodo: migliorare efficienza e managerialità, ma anche rafforzare la presenza sui mercati esteri, a partire dagli Stati Uniti quando il mercato si stabilizzerà. In questo quadro sarà fondamentale il sostegno delle istituzioni, in particolare sul fronte della promozione e dell’internazionalizzazione. Attendiamo con interesse la prossima manovra, che dovrebbe destinare nuove risorse alla promozione del vino tramite l’agenzia Ice”.
L’Osservatorio segnala inoltre che, nei primi otto mesi dell’anno, il saldo export verso i Paesi extra-Ue (dati doganali) mostra un calo del 3% in valore e del 4% in volume. Tra le principali destinazioni, spiccano le flessioni di Cina (-27%), Russia (-26%), Giappone (-5%), Svizzera (-3%) e Regno Unito (-2,5%). In controtendenza il Canada, che continua a crescere con un +10,5%.